Un «arrangiamento», per usare un termine preso in prestito dalla musica jazz, che sarebbe piaciuto al suo autore. Stiamo parlando de La bottega del caffè di Carlo Goldoni, nuova produzione messa in scena al Teatro Carcano dallomonima compagnia fondata da Giulio Bosetti, fino a domenica 17 (info 02.55181377/62). Si, sarebbe piaciuto anche allautore veneziano, questa allestimento della commedia scritta nel 1750 che non smette di divertire e far riflettere generazioni di spettatori. Motivo? La compagnia teatrale, guidata da Marina Bonfigli, attuale direttrice della Sala della Crocetta, con Antonio Salines, Virgilio Zernitz e Massimo Emiliani, abilmente assistita dallequilibrata quanto sapida regia di Giuseppe Emiliani, con la sobria ma appagante scenografia di Guido Fiorato e gli opportuni quanto sgargianti costumi del medesimo, non ha fatto altro che portare sul parquet teatrale il capolavoro goldoniano nella sua «classica» quanto impagabile essenzialità.
Capiamo che, al giorno doggi, ci vuole davvero coraggio ad attenersi ai canoni originari di unopera tanto classica quanto popolare (nel senso di diffusione e conoscenza da parte del pubblico di ogni età ed estrazione), senza cedere alla sirena (e cadere nella trappola) dell«invenzione» a tutti i costi, tanto per essere originali e far parlare di sè senza troppa fatica. Ci vuole coraggio, perchè la moda degli «effetti speciali» sempre e comunque, da propinare allo (spesso) ignaro spettatore, tanto per confonderlo un po e disorientarlo quel tanto che basta, imperversa ormai senza ritegno. Quasi che davvero ci fosse ancora qualcosa da inventare, e che vizi (tanti) e virtù (pochine) di uomini e donne di ogni tempo non fossero sempre gli stessi.
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