Dal carcere egiziano dopo l’omicidio Sadat alle prediche a Milano

Abu Imad, egiziano, nome «di battaglia» di Arman Ahmed El Hissini Helmy, il 20 dicembre scorso è stato condannato a tre anni a otto mesi per «associazione a delinquere aggravata dalla finalità di terrorismo». Per il 22 ottobre prossimo è stato fissato il processo in Corte d’assise di appello di Milano. Insieme a lui altri dieci imputati, accusati a vario titolo di associazione a delinquere e terrorismo internazionale. I giudici della seconda Corte d’assise hanno emesso in totale undici condanne, a pene comprese tra i 2 e i 10 anni di reclusione. A carico di egiziani, marocchini e algerini che, secondo l’accusa, avrebbero tra l’altro collaborato per organizzare attentati e reclutare combattenti. Una cellula attiva nel finanziamento e nel supporto logistico, anche a Milano, di kamikaze diretti in Afghanistan e Irak. Per alcuni imputati è stata disposta l’espulsione dall’Italia.


Abu Imad in passato è stato incarcerato in Egitto in seguito all’uccisione - nel 1981 - del presidente Anwar Sadat. Di recente l’imam ha sposato posizioni più «moderate», ma in passato era considerato un sostenitore di Jamaa Islamiyah, organizzazione islamista legata ad Al Qaida.

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