Il Cardinale manda Natale in cassa integrazione

Ho letto con la dovuta attenzione la lettera che il cardinale Dionigi Tettamanzi ha indirizzato, nell’imminenza del Natale, ai bambini della sua diocesi. Non sono, ahimè un bambino. Ma mi hanno egualmente toccato le frasi e i richiami con cui l’arcivescovo di Milano - per il quale ho personale simpatia - avvia il discorso sul significato della Natività. È giusto sottolineare il contrasto tra i fasti dei potenti e l’umiltà povera, poverissima, di quell’evento che riscalda i cuori di tutti, credenti e non credenti.
Ma a un certo punto, devo confessarlo, ho avuto l’impressione che l’alto messaggio religioso dell’arcivescovo sconfinasse pericolosamente sul terreno d’una socialità ideologicamente motivata, in definitiva sul terreno della politica. M’è parso insomma - con tutto il rispetto - che dalla paterna e commovente esortazione alla bontà nel nome del Redentore il cardinale sia passato a una sorta di manifesto terzomondista. Non è che sia sbagliato pensare alle pene e alle miserie del mondo, nonché ai tanti, troppi derelitti che lo affollano. È che mi chiedo quanto sia natalizio e vicino all’innocenza dei bambini l’evocare, in un momento di grande suggestione, tragedie, egoismi, iniquità. Lo so, lo sappiamo tutti che le tragedie, gli egoismi, le iniquità sono di casa in quel frammento di cosmo che ci ospita. Ma davvero è opportuno, aspettando il bambino divino, discorrere di cassa integrazione, di crisi economica internazionale, di soglia di povertà?
Prevedo la risposta. Certo che è opportuno, le piaghe che affliggono l’Italia e il mondo non devono essere nascoste. Convengo sulla necessità di discuterne. Sono tuttavia perplesso per un sermone natalizio che tanto insiste su questi temi.
Dionigi Tettamanzi va oltre. Non solo evoca il male, ma indica chi ne è colpevole. «All’inizio della crisi c’è l’egoismo di poche persone che anziché cercare il guadagno di tutti, hanno pensato solo al proprio interesse accumulando tanti soldi per sé e causando la rovina di molti». Capisco, caro Tettamanzi, le emozioni e i sentimenti che l’hanno spinto a scrivere queste righe. Le tragedie finanziarie del passato recente sono state spesso causate da avidità e disonestà di chi manovrava le grandi fortune finanziarie. Ma l’additare all’animosità dei bambini - in un’ora di concordia e di pace - questi speculatori indegni a me sembra più tribunizio che natalizio. Non faccio sconti a quei figuri. Possiamo rammentare, se vogliano essere natalizi, che i poveri d’oggi hanno l’automobile, e quelli del buon tempo antico facevano ore di cammino a piedi per raggiungere il posto di lavoro nei campi.
Sono invece d’accordissimo con lei, eminenza, per la regola delle cinque R.

Ridurre gli acquisti, Riciclare gli oggetti, Riparare gli oggetti, Rispettare gli oggetti, Regalare con gioia e generosità. Oso aggiungere una sesta R: Rasserenare i bambini. Ne hanno bisogno, nell’imperversare del Natale consumistico.

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