«Cardiochirurgia di San Donato: duemila interventi, record europeo»

Gianni Clerici

Uno studio promosso dall’Istituto superiore di Sanità sui risultati degli interventi di by-pass aortocoronarici ha suscitato vivaci proteste in alcune strutture ospedaliere che si sono viste attribuire «numeri» sbagliati e giudizi ingenerosi. Lo studio ha riguardato 64 centri di cardiochirurgia (in Italia ce ne sono 88) e la loro attività tra il mese di gennaio del 2002 e il mese di settembre del 2004.
Tra gli errori commessi dallo studio in parola c’è quello di affastellare dati che in certi casi riguardano brevi periodi (sei mesi) e in altri lunghi periodi (trentadue mesi). Questi dati hanno riguardato pochi pazienti, in un caso 63, o molti (1.690). Il professor Lorenzo Menicanti, che dirige la seconda Divisione di cardiochirurgia del Policlinico di San Donato, giudica «priva di attendibilità scientifica» la ricerca dell’Istituto superiore di Sanità. Molte le motivazioni che sono alla base di questa bocciatura. «Ci sono errori clamorosi e inaccettabili», dice. Il nostro Centro, noto sul piano internazionale, si è visto attribuire una mortalità del 4,3 per cento, superiore a quella reale, che è del 3,4 per cento. Inoltre abbiamo visto classificati come Centri d’eccellenza alcuni Istituti privi perfino del Pronto Soccorso, chiusi spesso durante l’anno». La cardiochirurgia di San Donato, sottolinea Menicanti, è tra le prime cinque d’Europa ed esegue ogni anno più di 2mila interventi. È una «scuola» cui accorrono, per imparare, cardiochirurghi di tutto il mondo. Dal 1988 ad oggi, abbiamo operato nelle nostre due Divisioni di cardiochirurgia 31mila pazienti, anche con più di 70 anni».
Continua Menicanti: «Le statistiche o si fanno con rigore o sono inutili. Nello studio dell’Istituto superiore di Sanità si afferma che l’angina instabile è presente nel 65% della popolazione in alcuni centri che hanno partecipato allo studio.

Nel mondo scientifico, invece, si sostiene - con ragione - che non supera mai il 15%. Altri marchiani errori riguardano il diabete, l’insufficienza renale, le arteriopatie periferiche. Tutto ciò fa dubitare i pazienti che hanno provato, a loro spese, l’inefficienza di alcuni modelli».

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