Carducci, quel «Carissimo orco»

Si chiama «Giosuè Carducci e l’identità italiana» la bella mostra che si apre oggi alla Biblioteca di via Senato con un reading-spettacolo dal titolo «Carissimo Orco». E infatti un carissimo Orco egli fu, il cantore nonché diretto testimone del nostro Risorgimento, il bardo e il poeta civile, il massimo divulgatore dell’identità italiana. Curata da Annamaria Andreoli, l’esposizione è un percorso didattico costituito da volumi, cimeli, oggetti d’arredamento, gigantografie, pannelli didascalici, che ne illustrano la vita, le opere, l’amore per i libri. Perché del resto Carducci fu professore e scrittore, intellettuale impegnato e uomo innamorato, il teorico dell’Eterno femminino regale e l’iconoclasta tribuno dell’Inno a Satana...
Senza di lui, scrittori come Giovanni Pascoli e Gabriele d’Annunzio non sarebbero potuti esistere, senza di lui «l’Italietta» giolittiana entrata nel Novecento fresca della propria unità avrebbe avuto difficoltà a ritagliarsi il suo posto al sole nel pantheon letterario delle grandi potenze.
Cantore del Risorgimento, dicevamo, dapprima come seguace repubblicano di Mazzini, poi come fiancheggiatore della monarchia sabauda, nato in Versilia, a Val di Castello, Giosuè Carducci a venticinque anni, nel 1860, era già in cattedra all’università di Bologna, professore di Letteratura italiana. Ci sarebbe rimasto fino al 1904, in pratica sino alla vigilia della morte, nel 1907, un anno dopo che a Stoccolma gli era stato assegnato il premio Nobel per la letteratura. Maestro di poesia e insieme di impegno morale e civile, i suoi versi, immancabili nei sussidiari della scuola elementare, raggiunsero tutti gli italiani. Liriche come Pianto antico, San Martino, Il bove, rimasero impresse di generazione in generazione.
Innovatore poetico, con una riproposta modernizzata delle forme metriche della tradizione classica, greca e latina, Carducci fu anche un prosatore polemico di grande efficacia, pungolatore di coscienze, denunciatore della nostra arretratezza culturale, del malgoverno della sua epoca. Poeta degli ideali che si realizzano, sulle sue orme si muoverà la giovane generazione che lo seguirà avente come punte d’eccellenza, come già detto Pascoli e d’Annunzio, il primo succedendogli nella cattedra bolognese, il secondo portando all’estremo il suo messaggio militante, con il farsi soldato e stratega durante il primo conflitto mondiale.
Nel catalogo che accompagna la mostra, spiccano i contributi di Ugo Ojetti e Annie Vivanti, nonché i «ricordi di un vecchio scolaro» dello stesso Pascoli e la celebre commemorazione che il giovane Renato Serra fece del maestro scomparso nel 1914, una sorta di preludio a quell’Esame di coscienza di un letterato con cui, alla vigilia della Grande guerra, la cultura italiana avrebbe steso il suo primo bilancio.

Contestato e ripudiato, come tutti i veri maestri, Carducci resta oggi uno dei grandi nomi della nostra poesia, e il simbolo di un come eravamo che suscita insieme commozione e rimpianto.
Carducci e l’identità italiana alla biblioteca di via Senato 14 fino al 28 febbraio, tutti i giorni esclusi domenica e lunedì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18

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