Care femministe, lasciate stare le Barbie

È allarme rosso, o quantomeno rosa, e colpisce una fascia di età sicura diciamo tra i 4 e i 13 anni. Mentre sul Corriere della Sera si pubblicano dibattiti vecchi di trent’anni, nessuna, di queste femmine femministe grafomani del «siamo mille, ma siamo sole» (o sòle, non ho capito dove va l’accento) si è accorta dell’attacco all’infanzia sferrato da Susanna Tamaro? Quando ha scritto alle ragazze italiane che «come da bambine hanno accumulato sempre nuovi modelli di Barbie, così accumulano, spinte dal vuoto che le circonda, partner sempre diversi».
Quanto la questione, a volerla sviscerare, sia più complicata, me ne sono accorto dalle decine di mail e messaggi Facebook di lettori ricevuti dopo il mio intervento antifemminista sul Giornale, e sotto i miei occhi si è aperto un dibattito vero, infuocato, altro che pari opportunità e donnine ornamentali. Anzitutto, in teoria, facciamo chiarezza: Barbie stava con Ken, non so se fossero sposati ma stavano insieme, c’era il camper di Barbie e Ken, il Ranch di Barbie e Ken, la macchina di Barbie e Ken, la piscina di Barbie e Ken, il lettone di Barbie e Ken. Quindi chi giocava con Barbie giocava anche con Ken, quando una diceva «Gioco a Barbie» c’era anche Ken, una figura priva di personalità ma c’era, un uomo oggetto, un figurante tutto d’un pezzo.
Barbie, al contrario, bisogna ammetterlo, è sempre stata un tantino libertina, me ne sarei accorto anche senza il messaggio puntuale di Maria Sole Abate che mi specificava «le mie Barbie sono sempre state delle grandissime troie». Il look di Barbie, in genere, è sempre stato l’opposto del look Tamaro, biondissima, truccatissima, minigonne, gambe affusolate, tacchi alti, sorrisetto malizioso ammiccante stampato sulla faccia, e nonostante tutto Barbie e Ken erano, almeno in teoria, il modello standard di famigliola felice, dovrebbero tranquillizzare i sostenitori dei Family Pride, pur inquietando la Tamaro, che è invece una sostenitrice delle femmine single tristi e caste, da quello che scrive si capisce che da piccola non giocava neppure con la piccola fiammiferaia ma direttamente con i fiammiferi, ecco perché dopo andò dove la portava il cuore, non le restava altro. Benché, a voler essere pignoli e genetici, ci si potrebbe chiedere: di chi erano figli Barbie e Ken? Non si sa. La mia mail, la mia posta Facebook, la mia bacheca, continuano a essere invasi da ragazze agguerrite. Chiara Gandolfi, per esempio, lascia un «grazie speciale va alla mia mamma che non mi ha mai comprato Barbie Fiore di Pesco e il torpedone di Barbie». E non perché concordi con la Tamaro, piuttosto vede nel mondo di Barbie un modello di famiglia felice inoculato fin dall’infanzia, in quanto «il punto di forza a livello di marketing di Barbie e Ken è che veniva venduto un concetto e non solo un giocattolo: i buoni sentimenti e la famiglia... ». Anna Masucci dissente subito, e osserva che «inoltre Barbie e Ken si portano dietro (nel camper rosa, schiacciata nel portabagagli della Ferrari come una libreria di Ikea, nel torpedone) sempre quella rompiscatole di Skipper, sorella di Barbie e quindi figlia anche lei di NN, il che assomiglia più a un film dossier di Canale 5 estivo della serie “Tante Sfighe”, che a una puntata di Domenica In con Pippo Baudo». Stefania Bergamini forse condivide l’appello della Tamaro, confidando di essere «stata invasa dalle Barbie, tanto che pensavo di essere deforme perché i miei talloni toccavano terra», ma c’è da notare che nessuna cita Big Jim. Cosa dire di Big Jim? Con Big Jim, anzitutto, si giocava da maschi e tra maschi, quindi è un perfetto modello gay o di self-made man anche nel sex, eppure molti sono ancora convinti che Barbie stesse con Big Jim (la linguistica popolare ha sdoganato gli appellativi «sembra Barbie», «sembra Big Jim», difficilmente viene un paragone con Ken). Sebbene, oltretutto, fossero fatti di pasta diversa: Big Jim era snodabile, Barbie era come Ken, rigida come un surgelato. Tuttavia la questione pruriginosa è un’altra e non può essere nascosta: né Barbie né Ken avevano i genitali, se li spogliavi erano lisci, indifferenziati, pubi asessuati come le dichiarazioni della Binetti e della Tamaro che dovrebbero gioirne.
Invece pensate alla violenza implicita delle bambole: cosa pensavamo da bambini, quando scoprivamo che noi avevamo la fessurina e il pistolino e le nostre bambole preferite niente? È per questo che, forse, Big Jim sarà stato l’amante di Barbie? Perché pur non avendo un pene neppure lui se lo spogliavi aveva saldate delle mutande di plastica inamovibili, e quindi poteva nascere il sospetto che, sotto sotto, scardinando, ci fosse qualcosa? E allora sarà per questo che si chiama Big Jim, non Big di nome e Jim di cognome, bensì allusivamente Big, Big come il Big di Sex & The City? Perché d’altra parte Mister Muscolo, per esempio, quanto a grandezza apparente lo batteva, ma sotto il costumino niente nemmeno lui, quindi è un’ipotesi sensata e forse gatto ci cova. E però, se pure fosse stato l’amante di Barbie, e Ken un cornuto, restava un altro problema: Big Jim era snodabile, lo mettevi in qualsiasi posizione, gli piegavi le ginocchia i talloni le braccia, mentre la Barbie era come Ken, non adatta neppure a un kamasutra basic, perfino le mani erano due palette stecchite.


Comunque sia una cosa è certa: o voi maschi non maschilisti, o femmine veterofemministe, se avete delle turbe d’identità moral-sessuale, come Susanna, lasciate in pace la Mattel, il rischio è che vi sostituiscano la Barbie con il modello Tamaro o il modello Bindi, poi non venire lamentarvi da me se le vostre bambine vengono su come le femministe del Corriere della Sera.

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