Dalla Carey alla Boyle i dischi natalizi sono una noia mortale

D’accordo, White Christmas di Bing Crosby è il disco più venduto nella storia della musica leggera. Superinterprete e grande canzone, simbolo palpabile di una magica atmosfera. Incisa nel 1945 ancora oggi simboleggia lo spirito del Natale. Allora perché da 65 anni dobbiamo sorbirci, quando si avvicinano le feste, fior di popstar che - puntuali come le tasse - ci riempiono le orecchie (e non solo quelle) con raccolte di inni natalizi? La risposta è semplice: perché vendono. Mariah Carey pubblica in questi giorni Merry Christmas II You (con la solita panoplia di The First Noel, O Come All You Faithful ecc.) sicura di fare il botto, come fece nel ’94 e ancora cinque anni fa con Merry Christmas, che contiene All I Want For Christmas Is You, uno dei pezzi natalizi più ascoltato e venduto di sempre, guarda caso inserito anche nel nuovo cd. E allora cosa vogliamo? I dischi di Natale sono storicamente un piatto forte per le case discografiche (mai come adesso bisognose di far cassetta) ma una tortura per gli appassionati di musica. Che noia, che palle (non quelle dell’albero) ascoltare la milionesima versione di Silent Night o di Oh Little Town of Betlehem del rocker o della popstar di turno che, puntando sulla suggestione, giocano sul velluto senza rischiare nulla. Scrivere invece qualche nuova bella canzone che ce n’è bisogno.
Siccome il business è business, si canta Oh Holy Night (da Pavarotti a Whitney Houston a George Michael pochi hanno resistito alla sua suggestione) ma si va in guerra e si tirano colpi bassi contro gli altri «natalizi». Così Happy Christmas della rediviva Jessica Simpson ha creato una valanga di polemiche perché il singolo trainante My Only Wish ha una melodia che si avvicina molto (qualcuno ha parlatodi plagio) alla citata All I Want For Christmas Is You della Carey. Ma son solo dettagli, tanto cantano tutti le stesse canzoni. Il fenomeno tv Susan Boyle (che potrebbe incidere l’elenco del telefono sicura di volare alta in hit parade) ha fatto una «furbata» e nel nuovo The Gift, accanto a Away In a Manger, The First Noel, Oh Holy Night ecc ha piazzato Hallelujah di Leonard Cohen e Perfect Day di Lou Reed. Indovinate dov’è finito il cd nella hit parade inglese. Per rientrare nel giro anche Annie Lennox punta su A Chrismas Cornucopia, ma almeno qui accanto a Silent Night c’è la ricerca di brani raffinati come God Rest You Merry Gentlemen e almeno il progetto è benefico.
Ma la carica dei cantori natalizi parte da lontano e non risparmia nessuno; anche Bob Dylan, s’è fatto sedurre da «carole» e dintorni e l’anno scorso con Chrismas in the Heart (uscito però lontano da Natale perché lui è «originale») ci ha ammannito alla sua maniera canti tradizionali. Le Indigo Girls (qui non le conosce nessuno ma con suoni garbati hanno pure vinto un Grammy) hanno giocato d’anticipo, ad ottobre, con Holly Happy Days rileggendo il solito canonico spartito. I Train invece hanno scritto una canzone sul Natale, Shake Up Christmas, che profuma di dollari essendo la colonna sonora dello spot Coca Cola, e anche i Coldplay non hanno resistito e sono usciti col singolo Christmas Light.
Insomma il Natale pop non sente la crisi: finirà che le case discografiche pubblicheranno versioni di Silent Night tutto l’anno. Eppure il disco sotto l’albero è un fenomeno che dura da sempre, quasi un’esame di laurea cui (purtroppo) nessuno vuol sottrarsi.

L’ha fatto Elvis nel ’57 trasformando il suo Christmas Album in una macchina da soldi, lo hanno fatto i duri del boogie e del southern rock (che probabilmente non hanno mai visto una chiesa) Canned Heat e Lynyrd Skynyrd, ha ceduto persino il battagliero e rivoluzionario James Brown che uscì com Funky Christmas, ripubblicato anni dopo come Christmas Collection con lui in copertina vestito da Babbo Natale! Sempre la solita minestra in salsa diversa. E non è finita.

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