«Cari compagni, dov’è lo scandalo?»

Sferzante articolo di Rossana Rossanda sul quotidiano comunista: «A che mira ora questo starnazzare? A favorire la Margherita? A rischio di far rivincere Berlusconi?»

da Roma

La morsa si stringe attorno alla Quercia. Non si parla dei magistrati, bensì della coincidenza di interessi tra Cdl e parte dell’Unione. «La destra tenta lo slogan “siamo tutti sporchi”, la coalizione di centrosinistra tenta di ridurre il peso interno dei Ds. A costo di perdere fiducia e voti». Lo sostiene Rossana Rossanda, storica firma del Manifesto, nell’editoriale comparso ieri sul quotidiano comunista. La Rossanda ha una tesi molto semplice: dov’è lo scandalo? Che la «finanza rossa» esista è un dato di fatto, «spiacevole», ma reale. I Ds da anni la perseguono, «sentendosi clintoniani», e comportandosi di conseguenza. Lo «scandalizzato Ulivo sostiene ardentemente la proprietà, finanziaria inclusa». Perciò «a che mira questo starnazzare? A non disturbare qualche manovratore?». Ovvero, «a favorire la Margherita nella coalizione, a rischio di far vincere Berlusconi?». «Bel colpo», conclude sarcastica la firma del Manifesto.
Punto primo, le intercettazioni. Per la garantista Rossanda, «non è molto decente una giustizia che si mette la cuffia all’orecchio per captare indizi che non ha... Chiamatela omertà, io la chiamo libertà minima». Punto secondo, l’errore morale e politico. «Un leader della sinistra... non deve interessarsi a nessuna operazione che avviene sulla piazza economica?», si chiede la Rossanda, argomentando che, invece, «la politica è inseparabile dall’economia». Ma, si dice, questa non è economia, «sono affari». Se si tratta di malversazioni, c’è il codice penale. Altrimenti, «non si dica che non è lecito a un politico o un gruppo politico di fare affari. Io preferirei di no, ma fino ad oggi è sì». E se Scalfari e Ruffolo obiettano che «la sinistra non è la stessa cosa... la sua gente entra in allarme e sospetto», la Rossanda replica: «Certo non si può dire che Repubblica la rassicuri... Alla sinistra è stato chiesto, pena l’accusa di arcaismo e irrealismo, di dismettere la sua idea non dico di rivoluzione ma persino riformista... di stare a un sistema di rapporti di mercato basato sul profitto... e non ha sofferto molto ad adeguarsi».

Allora, conclude l’articolo, «non capisco perché chi ha fatto di tutto perché diventassimo “un paese normale”, e si facesse normale soprattutto l’ex Pci, cosa di cui D’Alema si è convinto, non ammette che le Coop... si comportino da soggetto economico normale, e magari possano farsi una banca...».

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