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Cari Garrone, nel calcio chi più spende meno spende

di Piero Sessarego

Mentre il Genoa di tutti gli annunci e tutti i soprassalti «a miracol mostrare» resta al palo dello sciopero più autosputtanante del mondo, la Sampdoria «che deve tornare subito in serie A e basta» parte con due pareggini - 2-2 col Padova in casa, 0-0 a Livorno - che possono dire tutto o niente, magari qualcosa di più si capirà dal confronto col piccolo Gubbio di Pecchia domenica pomeriggio a Marassi.
Dove eravamo rimasti?
Genoa al 9° posto a quota 51, esattamente come l’anno prima; Sampdoria al terz’ultimo posto a quota 36, retrocessione da Guinness dei primati in serie B con il penultimo attacco e 31 punti in meno rispetto a 12 mesi avanti, quando finì quarta con il prestigioso diritto di disputare i preliminari di Champions League.
Cos’era legittimo aspettarsi?
Da Enrico Preziosi, abilissimo Padre Padrone che sa di calcio, è sfacciatamente coraggioso, si diverte un mondo a comprare, vendere e guadagnare soldi per il Grifo e magari per sé nonché fior di pubblicità per la Giochi Preziosi, immancabilmente garantendo un Genoa da parte sinistra del tabellone di serie A, un presidente senza il quale - non mi stanco di ricordarlo a quanti storcono il naso - il Grifone sarebbe costretto ad abbassare la saracinesca, non m’aspettavo niente di più e niente di meno, niente di meglio e niente di peggio di quando ci ha riservato. Via l’austero Ballardini che pure raccolse 40 punti in 28 partite, vincendo due derby e facendo breccia nel cuore della tifoseria rossoblu, e dentro il funambolico Malesani che sembra scappato di casa ma è un fior di personaggio che sa il fatto suo e certamente lo dimostrerà. Via Eduardo, Chico, Criscito, Rafinha, Konko, Milanetto, Floro Flores, Boakye, Destro, Paloschi, Rodriguez, dentro Frey, Lupatelli, Granqvist, Bovo, Seymour, Constant, Birsa, Merkel, Jorquera, Pratto, Ribas, Escobar, Ze Eduardo. Risultato? Un Genoa comunque più forte di quello passato e trascorso, sicché i lamenti - ve lo dice chi ricorda bene cos’è stato principalmente il Grifo nel cinquantennio ante-Preziosi - sono fuori luogo. Io capisco il tifoso che legittimamente sperava che arrivasse Gilardino senza che partissero Kucka e Palacio, nella speranza di poter vivere gli inediti brividi della corsa alla Champions League, ma da lì a farci la malattia o peggio, via, non scherziamo.
Cari genoani ansiosi, lasciamo lavorare il Grande Capo così bravo tra l’altro a scovare i talenti extra strong (tanto per dire, Boakye passato al Sassuolo è più forte di El Shaarawy ceduto al Milan) e purtroppo così lesto a scoppiarseli in culla, e godiamoci lo spettacolo quando si degnerà di cominciare.
Dalla famiglia Garrone, che ha avuto il merito storico di non far fallire la Sampdoria, riportarla in serie A e lì condurla per quasi due lustri con signorile impegno e più che accettabili risultati, ma purtroppo il demerito di giocarsi tutto facendola ripiombare in serie B con il più clamoroso autogol che si ricordi a memoria d’uomo, mi sarei per contro aspettato - non a parole, nei fatti! - quello scatto d’orgoglio revanchista che pur frugando con animo amicale non riesco francamente a ravvisare.
La discesa in campo di Edoardo Garrone a garantire continuità di conduzione nella serietà è stata encomiabilmente fondamentale, ma il punto è che la Sampdoria non può permettersi di non lavare repentinamente l’onta sciaguratamente autoinflittasi, non può assolutamente mancare - a pena di inenarrabili pene - l’immediato ritorno in serie A.
Intendiamoci: la famiglia Garrone ha tutto il diritto di dire non importa se siamo ricchi sfondati, siamo gente seria che trova immorale buttar soldi in questo pazzo mondo della pedata, sicché i magnifici tifosi blucerchiati sono pregati di accontentarsi di quanto facciamo per garantire una Sampdoria sana, con il bilancio in pari, condotta con estrema sobrietà. Ma a quel punto guai per la famiglia Garrone se aggiungesse (e purtroppo l’ha già fatto...): abbiamo comunque una squadra in grado di andare dritta in serie A. Si tratterebbe infatti di un insopportabile falso ideologico, testimoniato dalle presenze tecnicamente modeste (Costa, Castellini, Koman, Laczko, Rispoli...), acerbe (Rossini, Obiang, Soriano: solo chi è totalmente digiuno di calcio può sostenere che i due ultimi siano già in grado di surrogare accettabilmente Poli, perdita esiziale), fisicamente a rischio (Gastaldello, Semioli, Accardi) denunciate dalla «rosa» titolari messa a disposizione di Atzori.
Il quale Atzori, appunto magari inquieto per la delusione, ha avuto finora il merito di infondere nella squadra il giusto carattere combattivo ma è pure incappato in vistosi demeriti che scelgo fior da fiore. Ha senso sacrificare un centrale alto e tosto ma non velocissimo come Volta in solitaria balìa di tarantolati trottolini (Lazarevic) sulla fascia laterale? Come si può preferire all’esordio l’arruffone Koman (qual è il suo vero ruolo?) a Semioli? Perché rinunciare «a prescindere», là dove urge il suo «peso», al doveroso dimagrimento del miglior bue della stalla, il bomber Piovaccari, che guai se non lo si porta subito nella piena forma che difficilmente può trovare andando in tribuna (col Padova) o in panchina (a Livorno, dove comunque ha cambiato faccia all’attacco entrando nell’ultima mezzora al posto del povero Maccarone risacrificato fuori ruolo)? Perché, in disperata ricerca dei 3 punti al fotofinish, sostituire all’esordio l’incontenibile Bertani che contro il Padova stava contendendo all’imprescindibile capitan Palombo la palma di migliore in campo? È un Atzori che va rasserenato.
Ciò che m’inquieta è che i Garrone stentino a comprendere che conviene sotto tutti i profili (sportivo, finanziario, sociale) sacrificare 20 o 30 milioni di euro per uscire immediatamente dalla mefitica palude della serie B piuttosto che sprofondarvi per anni con pesi quintupli o decupli sul groppone e inenarrabili vicissitudini collaterali.

Tant’è che ciò che più mi sconforta è la sommessa acquiescenza della critica seria (quella preventiva e cialtrona non l’ho mai considerata) che ci ha lasciati in pochi «appestati» a stuzzicare angosciosamente l’orgoglio sportivo della potente famiglia petroliera.

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