Politica

Carlo e gli inglesi: «Qui nessuno mi prende sul serio»

Il principe parte per gli Usa con Camilla e dice: «Cerco di fare la differenza ma sarò apprezzato solo quando sarò morto»

Lorenzo Amuso

da Londra

Desolato, amareggiato, avvilito. Incompreso dai suoi sudditi nonostante gli sforzi per «fare la differenza». Alla vigilia del suo viaggio negli Stati Uniti, il Principe Carlo si confessa davanti alle telecamere e ammette di non sentirsi per nulla stimato dal suo popolo. «Forse mi apprezzeranno di più quando sarò morto», commenta sconsolato l'erede al trono senza riuscire a trovare il motivo della diffidenza che lo accompagna. Sarà colpa del tormentato rapporto con l'ex moglie Diana, che nelle sue memorie lo descrive come un mostro di cattiveria. Oppure dei suoi modi rigidi e un po' antiquati. O ancora dell'immagine costruita dai media che lo ritraggono come un sovrano bizzarro e poco affidabile. Considerato uno snob eccentrico e solitario, la maggioranza dei britannici lo ritiene più adatto a seguire le sue coltivazioni biologiche che a sedere sul trono.
Non è la prima volta che Carlo si lamenta pubblicamente dell'ingratitudine diffusa nei suoi confronti. Lo scorso febbraio, pochi giorni dopo l'annuncio delle sue nozze con Camilla Parker Bowles, aveva dichiarato di sentirsi addirittura «torturato» dai suoi sudditi. «Pensavo che i britannici dovessero avere compassione, ma non ne vedo molta. Per tutta la vita la gente mi ha detto quello che dovevo fare. Ne ho abbastanza, la mia vita privata è diventata un'industria. Voglio solo pace». Concetto ribadito in un'intervista alla Cbs per il programma «60 Minutes», in onda questa sera negli Stati Uniti. Nonostante il suo titolo non gli dia alcun potere reale, il principe ha dimostrato negli anni un attivo impegno per combattere i problemi sociali. Il Prince's Trust, il suo fondo di beneficenza creato nel 1976, ha aiutato migliaia di giovani svantaggiati a dare inizio ad un'attività e diventare autosufficienti.
Sempre in prima fila nelle battaglie ambientaliste, il principe di Galles ha anche promosso la costruzione di un villaggio a Poundbury per i lavoratori licenziati. Iniziative concrete che però - accusa il principe - vengono sistematicamente percepite come «atti dovuti». Alla domanda su quale sia l'aspetto più difficile dei suoi doveri, il principe di Galles replica: «La cosa più importante è essere rilevanti... non è facile, come si può immaginare, perché se dico qualsiasi cosa, la gente risponde “è facile per te dirlo”. È molto facile liquidare ogni cosa che dico: ma per me è difficile». Difficile almeno quanto le decine di sondaggi che - a cadenza regolare - gli ricordano i suoi bassissimi indici di popolarità. Gli ultimi indicano che meno di un terzo dei britannici - il 31%, contro il 48 di due anni fa - ritengono che il principe dovrebbe diventare re, mentre un quarto degli interpellati pensano che la monarchia dovrebbe concludersi dopo la partenza o la morte di Elisabetta. Una crescente disaffezione verso Buckingham Palace che non si capisce se sia l'origine o la conseguenza delle ormai note difficoltà relazionali tra l'erede al trono e i sudditi britannici. Un rapporto non certo favorito dai media, verso la quale Carlo nutre un'insofferente avversione, perché convinto di meritare tutt'altro rispetto. «Cerco sempre di fare la differenza. Spero solo che quando sarò morto e me ne sarò andato, mi apprezzeranno un po' di più».
L'intervista alla Cbs, tenuta a Londra, inaugura la visita di otto giorni negli Usa della coppia reale. Per Camilla, la neo duchessa di Cornovaglia, si tratta del primo viaggio ufficiale all'estero. La coppia si recherà a New York, Washington e San Francisco. Tra gli incontri, anche quello con il segretario generale dell'Onu Kofi Annan e con il presidente Usa George W.

Bush, che organizzerà una cena in loro onore alla Casa Bianca.

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