Carlo Felice & C. Fare cultura senza scioperi

Un altro modello di teatro e di cultura è possibile. Perchè un altro modello di città è possibile, dove non ci sia un sindaco che ritiene la propria città di serie A o di serie B a seconda della presenza o meno del teatro dell’Opera.
L’ho già detto ieri, ma provo ad indicare a Marta Vincenzi e a tutte le forze politiche, di destra e di sinistra, altri criteri per definire di serie A una città e il suo teatro. Un teatro di serie A non ha lavoratori che vengono impiegati pochissimi giorni al mese, perchè nelle altre serate la sala non è utilizzata, ma vengono pagati regolarmente per tutto il mese. Un teatro di serie A non ha lavoratori che fanno sciopero per gli spifferi d’aria. Un teatro di serie A non annulla, a causa dello sciopero della Cgil, la serata di uno dei suoi principali sponsor, che immette ogni anno cifre ingenti nei bilanci. Un teatro di serie A non annulla una serie di prime e di serate esaurite perchè ogni volta salta su qualcuno a proclamare uno sciopero. Una città di serie A non ha un sindaco che sale sul palco a dire «Mai più senza una prima» e poi non è nemmeno vero.
Insomma, le colpe sono molte e assortite.

Ma Pericu, Vincenzi, i sovrintendenti che hanno sottovalutato il caso del Fondo Pensioni e i sindacalisti, sia autonomi che confederali, spesso strumentalizzati anche dalla politica, certo hanno parecchio da farsi perdonare.
Ribadisco: se domani chiudesse il Carlo Felice - magari per poi riaprire il giorno dopo sulla base di leggi di mercato - alle lacrime (molte di coccodrillo), certo non si aggiungerebbero (...)

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