di Armando Tagliavacche
Caro Fini, ti scrivo. Oggi finita la campagna elettorale posso farlo.
Scriverti prima avrebbe potuto nuocere, magari un nulla, ma nuocere, alla nostra coalizione dove tutti, tranne colui al quale sto scrivendo, abbiamo contribuito a trasportare il nostro personale mattoncino per la costruzione di un risultato.
A 46 anni sono tanto giovane e vecchio da ricordarti in piazza nella mia Genova in veste di segretario del Fronte della Gioventù, o di segretario nazionale del Msi-Destra Nazionale, quindi, quando perdesti la segreteria in favore dellOn. Rauti, diventasti la opposizione interna di un partito di opposizione collocato al di fuori dell'arco costituzione.
Un niente, o quasi.
Ma noi eravamo lì con te e per te.
Allora ti ricordiamo brillante, tagliente, preciso, un vero capo carismatico, giovane e sicuro di sé.
Mancava solo che l'Italia ti potesse conoscere, spesso il tuo nome di battesimo sui giornali di allora veniva scambiato per Massimo, quello di un altro Fini, il giornalista.
Poi tangentopoli, la corsa a sindaco di Roma, mai una sconfitta fu così bella: tutta l' Italia, che per decenni ci aveva negato un microfono, per 15 giorni ti aveva scoperto ogni sera in un dibattito televisivo, le nostre idee e la tua grande eloquenza fecero il resto.
Il resto è nato a tutti, Berlusconi, Il Msi-Dn che evolve in Alleanza nazionale, le vittorie e le sconfitte degli ultimi 15 anni.
Ma dentro di te è restata una sola idea fissa, la leadership, il comando del centro destra italiano, idea fissa che è diventata smodata ambizione.
E ora ti senti pronto a tutto per arrivare in alto.
Poi due anni fa cambi moglie, diventi di nuovo padre, ma, seppur sempre apprezzato da molti, non riesci a toglierti di torno il Grande Incomodo di Arcore sopra di te.
Ecco dunque la santa alleanza col giornale-partito di repubblica, io ti riconosco leader morale della destra e tu mi corrodi dal dentro il Berlusca.
Unico modo per concretizzare ciò è smarcare le tue idee dal Cavaliere.
Nei fatti lo fai.
Così si spiegano bene le tue… chiamiamole così, uscite dei mesi scorsi, cambi tutto e rovesci il tavolo: il tuo giudizio sul fascismo, le parole pesanti come macigni durante la visita in Israele, gli immigrati, la tua posizione sulla eutanasia, la centralità del Parlamento come stella polare, uno strisciante anticlericalismo, il perenne dire bianco se Berlusconi dice nero, fino a 10 giorni fa quando riesci a buttare giù perfino un totem intoccabile della destra italiana, il presidenzialismo.
Molti di noi strabuzzano gli occhi quando vedono certi articoli e certi virgolettati: «Non può averlo detto Lui, non può essere vero!».
Hai dimenticato troppo velocemente chi sei, da dove vieni, chi ti ha permesso di percorrere quei sentieri, chi ti ha indicato la strada impervia, allora, della destra e ciò che non hai mantenuto, quando 20 anni fa ci parlavi per davvero del futuro, quello che, parole tue, sarebbe stato il «fascismo degli anni 2000».
Hai preso la nostra storia, la nostra fiamma, i nostri morti, le nostre idee, le nostre speranze, i nostri voti e le nostre migliaia di ore che abbiamo dedicato al Partito e le hai strappate come un giornale; hai ferito la nostra anima, hai buttato via decenni per una ambizione solo tua, non pensando minimamente alle decine di migliaia di persone del nostro mondo a te sconosciute, che non contavano nulla, ma ti apprezzavano, ti rispettavano e ti votavano.
Te ne abbiamo perdonato mille, poi la maggior parte di noi, all'ennesimo e non richiesto distinguo sui nostri valori fondanti, ha pensato bene che l'unica soluzione fosse di mandarti a scopare il mare.
Ed io?
Io ho rischiato la mia vita per te e ora, permettimi, mi sento tradito.
Poi penso ai nostri morti e constato che ci sono famiglie che stanno peggio.
Dentro.
Penso a chi ti ha scelto, a chi ti ha formato, a colui che ci ha insegnato tutto e fortemente voluto in Italia una destra democratica veramente moderna: penso a Giorgio Almirante a quanto bene abbia seminato per tutta la sua vita con un unico grande errore, che forse tutti allora avremmo fatto, nel giudicare la tua persona, il tuo essere Uomo.
Vero e degno di noi.
Chi l'avrebbe mai detto che il sottoscritto, finiano da sempre, potesse scrivere queste righe, versando senza vergogna delle lacrime sulla mia tastiera?
Ma il tempo è vita e pure galantuomo.
Fortunatamente nel frattempo lentamente ed inesorabilmente Berlusconi riusciva a scavalcarti a destra, Bossi rinsaviva e la finiva di sparlare contro il sud.
Ora la vera destra sono loro e tu, la tua Generazione Italia e il tuo manipolo di parlamentari pronto al ricatto (vedremo se anche al tradimento definitivo…) finito il tuo mandato di Onorevole Presidente della Camera dei Deputati, non sarai più di un misero1% e ti collocherai nello scenario politico italiano come un Pannella qualunque, sedicente di destra, con tante belle idee apprezzate dai giornali avversari, ma che, nei fatti, non conterà nulla.
Perché per far crescere le idee serve il consenso e il consenso della tua base, delle tue fondamenta, tu lo hai volutamente e sciaguratamente buttato via.
Quindi Fini ti saluto, ma ti ricordo e sottolineo in modo che sia estremamente chiaro, che non siamo noi a lasciare te, ma tu noi.
E che non ammazzeremo il vitello grasso, come nella Parabola del Figliol Prodigo, se e quando un giorno alla fine del tuo periplo per te stesso alla ricerca di un potere che non troverai, vorresti ritornare da noi.
Lascia pure la tua casa Fini, la lasci, ma gli Uomini e le Donne di destra, quelli che mai in vita loro hanno cambiato idea o bandiera, restano: restano le idee di sacralità della vita, di etica morale e cristiana, di Famiglia fondata sul matrimonio eterosessuale, di Italia Patria, di merito, di rispetto, dove il multiculturalismo e in valtagabbanesimo non avranno mai spazio.
E di ciò siamo orgogliosi.
Ciao Fini, ti ho scritto.
Ora sto meglio.
Ad maiora.
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