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«Caro Milan, non farci la morale...»

Il Milan non molla, l’Inter sfotte. É derby anche in materia di polemiche arbitrali, secondo un copione scontato che può farci compagnia per tutta la stagione. Al silenzio impacciato di Nicchi e Braschi, il club rossonero continua a opporre, in modo impersonale, altre frecciatine. Questa volta sono nel merito del fuorigioco, materia che si presta a valutazioni molteplici. Il sito rossonero ha riaperto le ostilità alle 11 del mattino pubblicando una nota con un titolo civetta («senza ulteriori commenti») che riprende, pari pari, con tanto di traduzione simultanea, la disposizione della Fifa relativa al comportamento degli assistenti sul fuorigioco. Testo secco e chiarissimo: «se un assistente arbitrale non è totalmente sicuro circa una situazione offensiva di fuorigioco, la bandierina non dovrebbe essere alzata». Come dire, per sintesi: nel dubbio, meglio un gol macchiato dal fuorigioco che uno annullato per fuorigioco inesistente.
Più o meno alla stessa ora, Massimo Moratti, presidente dell’Inter, è intervenuto a piedi uniti con una premessa molto elegante («quando le cose vanno male, mi sembra che tutti reagiscano nella stessa maniera, umanamente è comprensibile») che ha preceduto la stilettata, dritta nel fianco di Adriano Galliani: «Quello che poi gradirei è che non ci fosse fatta la morale quando capita a noi dell’Inter di lamentarci». Riferimento esplicito alle vicende della passata stagione quando Josè Mourinho guidò la crociata interista contro gli arbitri. Dalle parti di via Turati si levarono commenti acidi sull’effetto deleterio degli interventi del portoghese sulla serenità dell’ambiente. Galliani ha incassato e preso nota. Potete scommetterci: alla prima occasione restituirà la stoccata.
Nel frattempo, il Milan ha colto qualche attestato di solidarietà da altri club rimasti danneggiati in modo significativo (Samp e Fiorentina in prima fila) dagli errori arbitrali di una domenica bestiale: solo telefonate per discutere degli assetti attuali della Can di serie A. E in particolare della curiosità legata al fatto che Braschi designatore è stato preferito a Rosetti, partito dalla serie B, forse per evitare al collega toscano l’imbarazzo di lavorare con il Siena, club presso il quale svolse a suo tempo il ruolo di dirigente prima di essere graziato dal commissario Guido Rossi.
Ma il tema è intrigante. E infatti non è mancato l’intervento di Luigi Agnolin, che fu il fischietto numero uno degli anni Ottanta, quindi dirigente del settore. «Non discuto nè di nomi nè di capacità personali, discuto del metodo di dividere in tre compartimenti stagni serie A, serie B e serie C. Così non può esserci uniformità» la sua conclusione bollata come «una cavolata». Non è il solo grande vecchio del settore a intervenire. Paolo Casarin, opinionista tv, l’ha fatto un mese fa segnalando lo smarrimento degli arbitri, confusi tra le direttive di Nicchi, presidente dell’Aia, e Braschi, responsabile ufficiale. «A chi devono dar retta gli arbitri?» il quesito pertinente che è reso ancora più attuale dalla presenza all’Uefa di Collina il quale ha impostato il proprio lavoro europeo partendo dalla classifica di rendimento del passato torneo (il bolognese Rizzoli è uno dei più utilizzati: in Champions è stato subito abbinato al Barcellona). «La mia impressione è che ci sia molta confusione» il parere conclusivo di Paolo Casarin.

Confermato dall’andamento della seconda giornata del campionato: a Torino, in Juve-Samp, due gol in fuorigioco sono passati in cavalleria a favore dei bianconeri, a Cesena un gol buono più un altro paio di fuorigioco improbabili invece hanno frenato il Milan. Sotto accusa, in questo caso, è l’istruttore degli assistenti, Alessandro Stagnoli, anche lui finito nel processo di Napoli ma come teste e perciò confermato anche al fianco di Collina designatore.

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