Gentile Direttore,
per dovere dufficio, avendo chiesto di lavorare a Palermo come Procuratore della Repubblica dopo le stragi del 1992 che causarono la morte di Falcone e Borsellino, mi sono occupato - fra gli altri - del procedimento penale relativo al senatore Andreotti. Poiché il suo giornale, in prima pagina e con grande evidenza, riporta fra virgolette una frase del suddetto senatore che mi riguarda, secondo la quale sarebbe meglio che io non fossi mai esistito, la prego di ospitare questa mia lettera.
Non penso che il senatore Andreotti abbia voluto offendere i miei genitori oppure me come persona (ove ciò risultasse, sarebbe il mio legale a doversi occupare della vicenda). Penso che abbia voluto esprimere unopinione sul processo che lo ha interessato. E allora, come dargli torto? Quel processo si è concluso, in via definitiva e irrevocabile, con sentenza della Corte di cassazione che ha confermato la sentenza della Corte dappello di Palermo che dichiara estinto (solo) per prescrizione il reato di associazione per delinquere concretamente ravvisabile a carico dellimputato e da lui commesso (le parole sono proprio concretamente ravvisabile a carico e commesso) fino alla primavera del 1980. Di fronte a queste parole, non cè imputato al mondo (e il senatore Andreotti mostra di essere, in questo, un imputato non eccellente ma qualunque) che non pensi di potersela cavare a buon mercato, almeno agli occhi di chi non sa come stanno le cose, prendendosela coi magistrati che si son dovuti occupare di lui. Oltretutto, è così facile e consolatorio! E poi, si tratta di uno sport nazionale, praticato anche ai più alti livelli. Certo, augurarsi addirittura che quei magistrati non fossero mai esistiti è forse troppo, soprattutto da parte di un convintissimo sostenitore (ricordo certe prese di posizione in occasione del recente referendum...) che la vita è sempre e comunque sacra. Ma tantè: ogni botte dà il vino che ha. E che questo sia vino piuttosto acido si può ben capire: perché in quella sentenza sta scritto (a pagina 1517-18, riassumendo conclusivamente lanalitica e specifica dimostrazione contenuta nelle pagine precedenti) che limputato ha, non senza personale tornaconto, consapevolmente e deliberatamente coltivato una stabile relazione con il sodalizio criminale (Cosa nostra - ndr) e arrecato, comunque, allo stesso un contributo rafforzativo manifestando la sua disponibilità a favorire i mafiosi e inducendo negli affiliati, anche per la sua autorevolezza politica, il sentimento di essere protetti al più alto livello del potere legale; con il contestuale rilievo che gli elementi a suo carico non possono interpretarsi come una semplice manifestazione di un comportamento solo moralmente scorretto e di una vicinanza penalmente irrilevante, ma indicano una vera e propria partecipazione alla associazione mafiosa, apprezzabilmente protrattasi nel tempo (sic!).
Il problema allora è questo: meglio augurarsi che non fossero mai esistiti i magistrati che hanno accertato questa verità processuale, oppure meglio augurarsi che non fossero mai esistiti i fatti gravissimi che i supremi giudici di Roma hanno irrevocabilmente confermato? E questi fatti, nella sentenza sopra citata, comprendono anche (il riferimento è allomicidio delluomo politico democristiano Pier Santi Mattarella) laver discusso con i mafiosi fatti criminali gravissimi da loro perpetrati... senza destare in essi la preoccupazione di venire denunciati; nonché laver omesso di denunciare elementi utili a far luce su tali fatti, conosciuti in dipendenza di diretti contatti con i mafiosi.
Caro senatore Andreotti, le ricordo che...
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