Caro Vasco frena: non è più tempo di andare al massimo

di Paolo Giordano

Intanto speriamo che Vasco freni le sue picconate. E poi mettiamoci nei panni di un suo fan. Uno a caso, integralisti a parte. Per trent’anni lo ha ascoltato su disco e visto sul palco. E stop. Pochissime interviste. Poche parole, bastavano quelle delle canzoni, come d’altronde è tipico dei grandi rocker. Vasco era un habitus, un mondo (criticabile o meno) nel quale milioni di vascofili si sentivano bene, ne conoscevano i confini, se li godevano. Ora, in due mesi, è cambiato tutto e, per carità, cambiare va sempre bene. Ma il fan? Facciamo un breve elenco. In poche settimane è affogato in fiumi di parole, tutte o quasi via Facebook, molte smentite, rivedute, scorrette. Prima Vasco si dimette «da rockstar» e poi annuncia dischi, piogge di canzoni e un concerto che addirittura inaugura una nuova era. Ammette di assumere da tempo «un cocktail di antidepressivi, psicofarmaci, ansiolitici, vitamine e altro», una «valanga di chimica» che gli assicura «un equilibrio accettabile». Poi nega di essere depresso. In primavera pubblica il «discorso della polenta» su Ligabue che ne deve ancora mangiare tanta prima di diventare grande come lui. L’altro giorno dice che è «un bicchiere di talento in un mare di presunzione». Di più: ieri al Corriere della Sera ha inspiegabilmente detto che Ligabue «dovrebbe dire apertamente e onestamente che in realtà abbiamo strade diverse, percorsi non confrontabili per molte ragioni, invece tace». E invece no: a Campovolo il 16 luglio, poco prima di salire sul palco, Ligabue ha proprio detto in conferenza stampa le stesse cose che Vasco oggi gli rimprovera di tacere. Ma proprio identiche. Testuale da YouTube con oltre quarantamila visualizzazioni (per non contare un lancio Ansa lungo un chilometro): «Io e Vasco Rossi siamo due persone diverse, con due vite diverse, caratteri diversi, pubblici diversi, intenzioni diverse, abbiamo carriere diverse... Non riesco a capire perché ci sia da continuare a confrontarci». E lasciamo perdere le condizioni di salute, che sono cose di intoccabile privatezza ma sulle quali anche lui, il Blasco, ha detto di tutto, dalla costola rotta alla «macchia nera sopra i polmoni». Un fiume di parole, appunto, che però almeno finora non ha un alveo e neppure una foce. E pazienza per le «comari del quartierino», ossia i giornalisti che non capiscono. Pazienza chi è un po’ distratto. Ma i fan ai quali lui parla «direttamente» su Facebook che cosa possono pensare? Come minimo, devozione a parte, sono confusi. E sul web un po’ di disagio salta fuori. Vasco si sta devaschizzando e chissà il risultato finale. Vasco il complottista. Vasco con il mal de vivre. Vasco che ha iniziato una inedita «revancha» con i giornalisti, un giorno Renato Tortarolo del Secolo XIX, un giorno Massimo Poggini di Max che ora è addirittura un «mezzamico», un giorno tutti i «cosiddetti “organi” di stampa», insomma «ognuno deve sapere che d’ora in poi risponderà di quello che scrive su di me». Viva la libertà di pensiero. Vasco sta facendo quello che la colpa è sempre degli altri, che non capiscono, che non dicono le cose giuste, che fraintendono, che.. che... Vasco dice che vuol cambiare la forma e non la sostanza.

Ma è davvero così? E per carità, le polemicuzze con gli altri cantanti ci stanno pure: Battisti e De André non se le mandavano a dire e anche oggi, per esempio, Robbie Williams e Liam Gallagher tra loro non vanno tanto per il sottile. Ma questa dopotutto è la forma. La sostanza è Vasco, quello che parlava poco come un vero artista e che ora in molti stentano a riconoscere perché parla troppo come uno di noi, uno qualunque.

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