Massimo Piccaluga
Sporchi, brutti e gaglioffi: gli annunci abusivi che deturpano gli spazi pubblici di Milano sembrano fatti apposta per accrescere il degrado complessivo della città. Li trovi sotto forma di cartelli, foglietti, adesivi plastificati, manifesti. Stanno appiccicati a decine alle centraline semaforiche, ai pali della luce, alle buche delle lettere, negli ingressi della metropolitana, sui divisori in plexiglass dei telefoni pubblici come parassiti infestanti. Zone maggiormente colpite: i grandi viali commerciali con Buenos Aires e vie limitrofe in testa. Seguono via Padova, viale Monza, corso di Porta Ticinese, via San Gottardo solo per dirne alcune. Mettono in mostra una letteratura marginale che offre e propone di tutto: dalla «donna moldava sposata che cerca occupazione» alla pubblicità del negozio di abbigliamento casual «not ordinary shop» con tanto di indirizzo. Non mancano i tantissimi ciclostilati dei centri sociali e altri annunci un po ambigui che offrono i servizi di signore tuttofare «accompagnatrici - baby sitter - domestiche». Si vedono perfino adesivi di aziende in cerca di operatori di call center «over 35enni». E poi ci sono loro: i cartelli rettangolari di Affittasi e Vendesi che trovano la loro nicchia abusiva preferita sul retro dei segnali stradali di senso unico.
Per fortuna la battaglia non sembra del tutto persa. Da qualche mese gira per le vie di Milano una squadra composta da otto verificatori che si occupano di grandi e piccoli abusi in fatto di affissioni. «Da gennaio a oggi - svela Maurilio Sartor, direttore dellUfficio Pubblicità del Comune - abbiamo effettuato più di 3mila multe riuscendo a risalire alle persone che avevano commissionato gli abusi». Si tratta quasi sempre di piccoli manufatti (misure medie: 20 centimetri per 30) voluti da privati o da aziendine di piccolissimo cabotaggio. «Ma in qualche caso - dicono gli 007 anti-degrado del Comune - abbiamo pescato anche grosse agenzie immobiliari che attraverso foglietti ciclostilati o piccoli adesivi si spacciavano per privati allo scopo di attirare più interesse».
Quella di «cartello selvaggio» è una città di dritti. Gente che va allarrembaggio degli spazi pubblici deturpandoli senza pagare una lira di imposta comunale e anzi impegnando Palazzo Marino in rimozioni che ci costano mediamente 140mila euro allanno. Telefonate «a campione» fatte ai numeri che appaiono nei cartelli svelano lindole di chi si cela dietro questa cattiva abitudine: cè il piccolo commerciante che fa lo gnorri di fronte allaccusa di essere un imbrattatore. Cè il ragazzo filippino davvero in buona fede che risponde: «Non credevo che fosse vietato. Vedo per strada gli altri che appiccicano cartelli e lo faccio anchio: che male cè?». Cè il ragazzotto colto sul fatto mentre attacca indecifrabili adesivi che si giustifica col bisogno di comunicare le sue «poesie visive» a una città grigia e sorda... Cè infine lartigiano che messo di fronte alle sue responsabilità tronca la conversazione telefonica in malo modo.
LAmsa tratta alla stregua di imbrattatori chi mette annunci non autorizzati sanzionandoli, se li becca sul fatto, con multe di 206 euro. Più severo il Comune: avvalendosi di una delibera approvata il 26 marzo del 2002 appioppa sanzioni da 412 euro per ogni manifesto, cartello, adesivo o biglietto che sia. «Ma in realtà - dice un graduato della Polizia municipale - abbiamo molte difficoltà a rintracciare sia i trasgressori (chi posiziona i messaggi) sia i committenti (gli enti che pagano gli attacchini che spesso sono studenti o extracomunitari). Perché? Perché i vigili di Milano sono 3mila e devono occuparsi di tantissime cose, mentre queste violazioni sono davvero troppe». Tanto che anche i ghisa sarebbero ormai assuefatti al fenomeno di cartello selvaggio: la notifica delle multe contro queste infrazioni rappresenta solo luno per cento dellattività della Polizia municipale.
E il malcostume non risparmia neppure chi dovrebbe dare il buon esempio: «Nel periodo delle elezioni amministrative - dice ancora Sartor - abbiamo tolto dalla circolazione quasi 5mila manifesti abusivi di candidati appartenenti a ogni credo politico».
«Oggi gli spazi autorizzati che sono a disposizione di chiunque voglia pubblicizzare qualcosa - concludono i tecnici del Comune - ammontano a 193mila metri quadrati disseminati in tutta Milano. E i prezzi per occuparli legalmente sono più che abbordabili: due euro e 66 centesimi a metro quadrato».
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