La Casa delle libertà incorona il leader Berlusconi: «Questo è il partito unico»

Euforia tra i leader del Polo. Il Cavaliere: «La gente è più avanti di noi, Casini s’è escluso da solo». Bossi: «Ma nessuno s’è accorto della sua mancanza»

Adalberto Signore

da Roma

Che l’umore fosse buono lo si era capito già venerdì sera. Quando appena arrivato da Milano a via del Plebiscito, Silvio Berlusconi aveva deciso di dribblare l’ascensore e concedersi due rampe di scale tutte d’un fiato per poi presentarsi al personale di Palazzo Grazioli con un sorriso un po’ malizioso: «Pensavate, eh... ma l’erba gramigna non muore mai». Passate ventiquattro ore e archiviata la manifestazione di piazza San Giovanni il buon umore è diventato vera e propria euforia. Con il Cavaliere che saltella davanti all’ingresso di via del Plebiscito e in sottofondo un centinaio di sostenitori a urlare «chi non salta comunista è».
L’ex premier dispensa sorrisi e ricambia saluti, convinto che la manifestazione di piazza San Giovanni sia stata «a dir poco memorabile». «Mi dicono che eravamo più di due milioni, quasi le elezioni le avessimo vinte noi...», scherza con una signora. Gianfranco Fini, arrivato qualche minuto prima a bordo di una moto Bmw di grossa cilindrata, già lo aspetta dentro per festeggiare. Mentre nel cortile interno di via del Plebiscito si scorgono Angelino Alfano, Stefania Prestigiacomo e Laura Ravetto che seguono il ritmo e saltellano anche loro. Persino Sestino Giacomoni, costretto alle stampelle, tenta timidamente di fare la sua parte.
Difficile, insomma, frenare l’entusiasmo. Perché - confida Berlusconi ai suoi - «sembra di rivivere il clima del ’98», quando dalla manifestazione in piazza San Giovanni partì «la rincorsa verso la vittoria del 2001». Anche se, aggiunge l’ex premier, «questa volta potrebbero volerci meno di tre anni...». Una riflessione condivisa anche da Fini. «Come dimostra questa giornata - spiega il leader di An lasciando il comizio - non è il Paese che è impazzito, ma è Prodi che è offensivo nei confronti degli italiani». Insomma, concordano tutti i presenti alla serata di Palazzo Grazioli, «oggi è stato dato un segnale politico inequivocabile». Intanto di «forte coesione» tra chi era presente in piazza San Giovanni, ovvero tutto il centrodestra salvo l’Udc. Il fatto che sul palco Berlusconi, Fini e Umberto Bossi si siano palleggiati il comizio in perfetta armonia e cedendosi la parola a suon di lusinghe e apprezzamenti, infatti, non è stato certo un caso. Per dirla con il Cavaliere, «il partito unico c’è già ed è sceso in piazza oggi». E ancora: «Facciamola finita con le beghe e i distinguo, la gente ci ha dimostrato che su questo punto è molto più avanti di noi che dovremmo rappresentarli».
Resta però aperta la questione Udc, su cui si è scelto il basso profilo. D’altra parte, spiega Berlusconi al Senatùr mentre sul palco parla il leader di An, «Casini si è autoescluso da solo». Con i cronisti, però, è ben più cauto. «L’Udc - dice al suo rientro a Palazzo Grazioli - arriverà, non abbiamo dubbi al riguardo. Stiamo preparando il vitello per ucciderlo quando sarà grasso, cioè nel momento in cui ritornerà l’Udc». Insomma, l’immagine è quella di un Casini figliol prodigo. Tutto sta a vedere se la porta che il centrodestra vuole lasciargli aperta è quella principale o di servizio. Anche perché il Senatùr rimane su posizioni tutt’altro che tenere: «Oggi Casini si è fatto male da solo, dell’assenza dell’Udc non se n’è accorto nessuno».
Grande entusiasmo pure per l’affluenza, che neanche i più ottimisti si aspettavano tanto alta. Al punto che mentre a fine comizio Berlusconi riprendeva la parola sul palco, Bossi se la rideva con i suoi: «Guardate che questo qui tira avanti fino a notte fonda...». Sull’alto numero di partecipanti, in effetti, il Cavaliere si era detto soddisfatto già venerdì sera, quando con Aldo Brancher, Maurizio Lupi, Gianni Letta e Paolo Bonaiuti si era messo a scartabellare le presenze organizzate di Forza Italia. «Oltre 200mila, così - aveva detto - la facciamo finita con questa storia del partito di plastica che non ha radicamento sul territorio». Anche se, fa presente Raffaele Fitto che dalla Puglia ha portato a Roma oltre 20mila azzurri, «il collante resta sempre lui». Insomma, «si arriva a numeri di questa portata solo perché c’è Berlusconi».
Ieri, dunque, la giornata del Cavaliere è iniziata all’insegna delle migliori aspettative. Con Berlusconi che - seguito come un’ombra dal suo medico personale Alberto Zangrillo - si è concesso per pranzo rigatoni al sugo e torta di mele, «tanti carboidrati, come fanno i giocatori del Milan quando hanno un impegno importante». Poi, prima del comizio, pure molte battute nel camper adibito a salottino dietro il palco.

«Se mi viene un altro coccolone - scherza rivolto a Zangrillo - questa volta niente rianimazione...». L’importante, chiosa un leghista, «è che non ti venga alla Camera, se non la respirazione te la fa Luxuria». «Be’, allora preferisco morire».

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