La Casa delle libertà raddoppia le donne in lista

Rispetto all’Unione, il Polo ha concentrato le pretendenti nelle posizioni di testa che assicurano reali possibilità di elezione

Gianni Pennacchi

da Roma

È stato «doloroso», ribadisce Silvio Berlusconi, scegliere i candidati e a quale posto metterli in lista, visto che queste son bloccate e senza possibilità di preferenza. «Ho passato tre notti in bianco» per farle, s’è quasi giustificato, rammaricandosi perché «ci sono troppe poche donne» in vista, «non credo di aver raggiunto la quota di una su quattro come avrei voluto», confessa il premier. Ma è davvero così? Davvero ha ragione Piero Fassino, quando vanta un mare di donne nelle liste del centrosinistra?
C’è un piccolo ma sostanziale elemento, che assolve il Cavaliere e non premia il segretario della Quercia, appunto il blocco delle liste: così, candidare una donna (ma anche un uomo) al 30° posto è probabilmente un complimento, ma comporta la certezza matematica dell’esclusione. Quel che conta ragionando di «quote», è dove una donna viene collocata, perché soltanto nelle «teste di lista» c’è la certezza o almeno una concreta speranza di entrare in Parlamento. E facendo il paragone tra le candidature «blindate» assegnate alle donne dai due schieramenti, già si vede che l’Unione conserverà a mala pena il numero di parlamentari di questa legislatura, mentre il centrodestra le raddoppierà come minimo, sin quasi a triplicarle in caso di vittoria elettorale.
Candidate di scarsa qualità politica, soltanto di facciata? È l’accusa strisciante che gli avversari muovono un po’ a tutte le new entry definendo semplicemente «soubrette» Mara Carfagna, che sarà eletta deputata in Campania. A sua difesa scende in campo la sottosegretaria Maria Teresa Armosino, responsabile femminile di Forza Italia: «Sono fiera di avere nelle nostre liste elettorali una donna come Mara Carfagna che da oltre tre anni è quotidianamente, e fortemente, impegnata al mio fianco nell’attività politica del mio partito e come esponente di Azzurro Donna della Campania». Certo, la bellezza non guasta, ma credete che si possa diventare presidente nazionale di Azione Giovani, come Giorgia Meloni, senza capacità e doti da spendere in politica? Anche An ha candidato in testa di lista 22 donne per la Camera e 8 per il Senato: vuol dire che alla peggio ne saranno elette un 25, che è un bel salto dalle 4 di adesso. Senza mettere nel conto Rita Pavone, che sarà eletta dagli italiani all’estero, e con la benedizione sorridente di Mirko Tremaglia promette: «Sono apartitica e non mi schiero con nessun colore».
Ineccepibile la serietà dell’ex campionessa di sci di fondo Manuela Di Centa, numero due alle spalle di Berlusconi per la Camera in Friuli Venezia Giulia, che già ieri si è autosospesa da ogni incarico nella giunta del Coni, per evitare «qualsiasi strumentalizzazione». È un volto noto anche quello di Elisabetta Gardini, candidata in buona posizione per la Camera in Veneto, ma tutt’altro che inesperta dal momento che svolge l’incarico di portavoce di Forza Italia ormai da tempo. Ombretta Colli, che sarà senatrice, è stata presidente della Provincia di Milano. E pure Vera Slepoj, che ora sta provocando liti nella Cdl veneta perché «accantonata» da An è stata candidata a sorpresa dall’Udc per il Senato, è indubbiamente personalità di spessore.
Le donne del centrodestra, 8 su 37, più del 20% dunque, figurano e spiccano anche tra i candidati (20 alla Camera e 17 al Senato) che hanno sinora aderito al manifesto per l’Occidente lanciato da Marcello Pera, presidente uscente del Senato.

I firmatari sono 21 di Forza Italia, 12 di An, 4 dell’Udc, uno per Alternativa Sociale (la lista della Mussolini) nella persona del principe «nero» Lillio Sforza Ruspoli. Le donne «pronte a Lepanto» sono Daniela Garnero Santanché e la Meloni, Isabella Bertolini, Laura Bianconi, Maria Burani Procaccini, Patrizia Paoletti Tangheroni, Jole Santelli e la Gardini.

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