Casa Verdi, il giallo della tomba arriva sul tavolo del Comune

«Meriterebbe l’Ambrogino d’oro per le umiliazioni subite», «É tagliato per quel ruolo, nessuno come lui». Sono solo alcune delle voci, per ovvie ragioni anonime ma squillanti, che continuano a levarsi a favore del reintegro di Diego Mattiello, direttore di casa Verdi, licenziato ad inizio agosto con una decisione lampo del presidente Antonio Magnocavallo. Incomprensione fra i due? Molta. Divergenze su come condurre i lavori di restauro? Pesanti. Ma il caso, che ha turbato la serenità degli ospiti, e che porterà ad un ricorso per il reintegro, nel frattempo ha suscitato un polverone: ieri una delegazione di Casa Verdi è stata ricevuta dall’assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory. Preoccupato soprattutto per la tutela degli ospiti di Casa Verdi, Finazzer Flory si è impegnato a riferire a Letizia Moratti per quanto riguarda la vicenda del licenziamento. Agirà invece in prima persona quanto alle due vicende collaterali al licenziamento, i documenti scomparsi e la chiusura della tomba del Maestro. Rispetto ai documenti spariti dagli archivi e rivenduti suo mercatini di mezzo hinterland, a fare il punto in Comune è arrivata perfino la famiglia Ricordi, oltre alla musicologa che si è imbattuta nei documenti sulle bancarelle. Quanto invece alla tomba di Verdi, chiusa sine die, senza che vi fosse la comunicazione dei lavori da effettuare, l’assessore ha storto il naso: «Non è accettabile che resti chiusa senza motivo: oltretutto, intendiamo inserire la tomba in un circuito culturale più ampio, assegnando anche fondi maggiori per la sua valorizzazione».


Si modificano intanto anche le posizione dei sindacati: se la Uil, da subito schierata a favore di Mattiello, ha chiesto, per voce del segretario Ciro Capuano, il commissariamento di Casa Verdi, ieri anche le Rsu interne a casa Verdi della Uil ma anche della Cisl, inizialmente tiepide sulla vicenda, hanno espresso solidarietà a Mattiello.

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