A Caserta un conclave con gli occhi indietro

A Caserta è accaduto un fatto significativo, ma non riguarda misure del governo. Su quel piano non è avvenuto nulla. Il mutamento è avvenuto nel linguaggio politico; ed è stata la rinuncia di Fassino all'annuncio della «fase due» e di Rutelli alla pretesa di guidare un piano di liberalizzazioni. «Fase due» voleva dire mettere alle spalle la Finanziaria delle tasse e aprire la via delle riforme, le liberalizzazioni erano viste come il contenuto delle riforme. Il risultato politico è stata quindi la negazione della distinzione tra riformisti e antagonisti e l'indicazione dell'unità politica del governo come se esso fosse diventato un partito che supera le diversità politiche interne.
Non a caso sono seguite le dimissioni di esponenti «riformisti» come Nicola Rossi, gli abbandoni di Pino Calderola e di Franco De Benedetti, cioè di coloro che avevano dato il loro assenso alle riforme in senso specifico, cioè al cambiamento del sistema fiscale e dello Stato sociale. Nessun Paese europeo ha risposto alla globalizzazione e alla competitività che essa poneva tra i vari Paesi aumentando le tasse ai livelli medio, medio alti e alti: e nessuno ha evitato la riforma delle pensioni.
In Europa chi si oppone a queste misure è fuori dalla sinistra di governo. Michele Salvati ha definito la posizione di Rifondazione Comunista come «tradizionalista»: ed è l'aggettivo esatto, non a caso essa è, quasi ovunque in Europa, ma soprattutto in Italia, una scelta sindacale, che tutela cioè i lavoratori iscritti al sindacato. E proprio il sindacato organizzato nei tempi della piena occupazione è la vera forza di conservazione di un sistema superato.
Bertinotti ha scelto di cambiare linea nel passaggio da partito di opposizione a partito di governo, ha scelto di essere una cosa ben diversa dal «movimento dei movimenti», che aveva cercato di essere nei primi anni duemila un partito organo di un movimento internazionale.
Scegliendo di andare al governo, ha mantenuto una linea di pressione in sostegno di tutti gli interessi sociali che attendono un riconoscimento pubblico, ma soprattutto dei sindacati e degli interessi da essi rappresentati. Inoltre ha scelto una linea internazionale che rappresenta l'opposizione all'America, oggi emergente nel mondo e che ha conquistato l'America latina.
Rifondazione riprende i temi tradizionali della sinistra europea e italiana: l'intervento pubblico, il sostegno ai sindacati, l'assistenza sociale. Ha cioè creato una sinistra che corrisponde del tutto a quella che è stata la linea della sinistra in Italia dalle origini della Repubblica. Si è collocato all'interno del sistema sociale esprimendo la continuità con la tradizione; e per questo ha elaborato l'unico linguaggio che comprenda la sinistra in quanto sinistra e sia quindi capace di dare a questo sentimento una identità politica. È al riguardo interessante la posizione di D'Alema. Oggi sostiene che la differenza tra la sinistra radicale e la sinistra riformista falsa la realtà. In un congresso del Ds, D'Alema aveva detto che il sindacato era la forza più conservatrice esistente in Italia suscitando l'ira di Cofferati. Oggi la sua politica estera è fatta in modo da ottenere, in ogni suo aspetto, compreso quello militare, le posizioni di Rifondazione. Ne viene il fatto che Rifondazione sposa tutte le posizioni che furono del Pci, omettendo soltanto la fedeltà sovietica. È quindi divenuta una forza di riferimento della cultura politica dei Ds. È difficile che il tema delle liberalizzazioni susciti interessi a sinistra.
Ma è del resto la Margherita interessata alle liberalizzazioni, che non appartengono a una cultura democristiana, mentre i postdemocristiani sono la forza di gran lunga maggiore nel partito? E si tratta soprattutto di democristiani meridionali che hanno giocato sull'intervento pubblico tutta la loro storia. Non è un caso che l'unica decisione di governo partorita a Caserta sia stato l'annuncio di una cifra di interventi nel Mezzogiorno.
A Caserta non è avvenuta la vittoria di Rifondazione ma la presa di coscienza di tutta la maggioranza che essa può giocare il suo consenso solo ripercorrendo l'immagine del vecchio Stato sociale e del vecchio intervento pubblico pur nella misura che le è attualmente consentita.

Nella Reggia la coalizione si è confermata non come la vittoria di Bertinotti ma come il passaggio di tutta la maggioranza alla convinzione primaria di dover definirsi a sinistra in modo tradizionale. Cioè ha rifiutato la sfida della globalizzazione in nome del concetto dello «Stato sociale in un solo Paese».
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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