Politica

Casini: «Berlusconi non si discute Il problema è il consenso elettorale»

Il presidente della Camera: «Il leader è lui, ma sarei un po’ più cauto sull'invito ad andare via: se ne sono già andati molti elettori alle Amministrative»

Francesca Angeli

da Roma
Berlusconi è il leader indiscusso della coalizione. Ma alle prossime elezioni rischia di ritrovarsi come un generale senza truppe. È l’ultima stoccata con la quale prosegue la «guerra fredda» dell’Udc e di Pier Ferdinando Casini all’interno dell’alleanza. E dunque a un Berlusconi che invita chi non lo vuole come leader ad accomodarsi fuori dalla Casa delle libertà, Casini ricorda che già molti elettori hanno abbandonato il centrodestra. Il tono di Casini, in realtà, è meno sferzante di quanto appaia. «Sarei un pochino più cauto sull’invito ad andare via - dice Casini -, perché dato che sono già andati via molti elettori durante le scorse Amministrative, senza chiedere il permesso a nessuno, io credo che oggi il problema di un leader politico sia trattenere non solo la classe dirigente, ma gli elettori del centrodestra». Casini ribadisce che «il leader è Berlusconi» e che lui stesso lo riconosce come tale. Il che, però, aggiunge pure, «non è una novità». Ed invece proprio di novità c’è bisogno, incalza. «Credo che i moderati siano sensibili a uno scrollone - dice Casini -. Lo chiedono perché non si rassegnano a perdere a tavolino una partita come quella che si giocherà nella prossima primavera».
Le esternazioni del presidente della Camera sullo stato delle cose nel centrodestra nelle ultime settimane si sono moltiplicate. I toni sono rispettosi, non mancano appunto le attestazioni di lealtà verso gli alleati e le rassicurazioni sul fatto di non voler in alcun modo sfilare la poltrona al premier. E questo perché Casini vuol tenere fede al ruolo di presidente della Camera e non scoprirsi troppo.
Nelle sue uscite pubbliche, come l’intervista rilasciata ieri al tg della Rai della Puglia, però Casini non manca di pungolare Berlusconi e con lui Forza Italia, insistendo sulla necessità di rinnovarsi e di cambiare. Il congresso dell’Udc aveva marcato una distanza tra i centristi e il premier, quella distanza non si è accorciata. Se Follini è convinto da tempo che «la monarchia» sia finita e Berlusconi debba cedere il passo a qualcun altro, Casini ora interpreta lo spartito del riconoscimento della leadership a Berlusconi ma nello stesso tempo insiste sull’esigenza di una «discontinuità». Il presidente della Camera è convinto che se il centrodestra andrà alle elezioni senza un radicale rinnovamento il fallimento è assicurato. Ed invece, osserva Casini, questo sarebbe proprio il momento buono per approfittare del disastro che si sta consumando proprio nell’Unione. «Le polemiche devastanti che hanno lacerato il centrosinistra dimostrano che il centrodestra è ancora della partita - insiste Casini - e può vincere, può combattere, magari può anche soccombere alla fine ma la competizione è aperta». Nell’Udc la pensano più o meno tutti come lui. Con una nota infatti la segreteria politica conferma la linea espressa da Follini «nella relazione al congresso di luglio». Anche il ministro della Funzione pubblica, Mario Baccini, offre subito sostegno al presidente della Camera. È stato proprio Baccini qualche giorno fa a dire che l’Udc sarebbe pronta ad andare da sola alle elezioni, anche se come «ipotesi estrema». Ed ora il ministro centrista ribadisce che «la leadership di Berlusconi non è più in discussione» ma aggiunge pure un ammonimento. «Non vorrei però che gli inviti continui ad abbandonare l'alleanza venissero seguiti da qualcuno» dice Baccini.

Ed in effetti i centristi di abbandoni se ne intendono visto che hanno perso un bel pezzo del partito prima con Gianfranco Rotondi, che ha fondato una nuova Dc, e poi in Sicilia, con la diaspora di Raffaele Lombardo che ha promosso il Movimento autonomista.

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