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Casini e quei laici che umiliano i cattolici

Silvia Noè, cognata di Casini, è stata bocciata come presidente della commissione Pari opportunità della Regione Emilia-Romagna in quanto cattolica. La vicenda dovrebbe farci riflettere sul ribaltamento dei valori e sull'arroganza della sinistra

Casini e quei laici  
che umiliano i cattolici

La vicenda clamorosa, e nella sostanza, la grave discriminazione patita da Silvia Noè, cognata di Pier Ferdinando Casini, (bocciata come presidente della commissione Pari opportunità della Regione Emilia-Romagna in quanto cattolica) dovrebbe indurre tutti noi e, in primis lo stesso leader dell’Udc, a riflettere sul ribaltamento dei valori e sull’arroganza che muove la sinistra organizzata nelle sue componenti Sel-Pd-Idv. Difendano i loro valori, ma rispettino quelli degli altri.

Mi pare il più emblematico segnale dell’impossibilità, da parte di un elettorato cattolico, con i suoi principi civili e civici, di accettare alleanze e accordi con il Partito anticristiano. Non è un episodio minore, è un incidente grave. Se si fosse interdetta la presidenza della commissione a un omosessuale, quale sarebbe stata la reazione dei giornali di opinione, del mondo culturale «politicamente corretto» e anche quella di ministri «alla moda» come la Carfagna? Si sarebbero levati gli scudi contro l’intolleranza e la mancanza di rispetto di una minoranza. Minoranza? Minoranza oggi largamente maggioritaria. Possiamo affermare con certezza che l’incidente di Bologna non sarebbe accaduto o sarebbe stato riparato. Una lesbica sì, una cattolica no. Questa è la morale che viene dalla democraticissima Bologna.

E occorrerà non dimenticare - Casini per primo e i suoi continui richiami al magistero della Chiesa - che il sindaco di Bologna, persona che devo credere civile e aperta, quando ha proposto un premio alle famiglie tradizionali, è stato bacchettato dai suoi «compagni» perché non ha esteso la sua proposta di sostegno economico anche alle coppie di fatto. E qui andrà detto, in difesa dei diritti del bambino, che per molte coppie, fare figli è una espressione di egoismo, ovvero di appagamento, quali che siano le sue condizioni sociali, imponendo al figlio di patirle.

Ma è inaccettabile che si rivendichi come diritto o pari opportunità di avere un figlio tra persone dello stesso sesso, magari prendendo «in affitto» l’utero di un’altra, per potere esibire un trofeo di maternità, per poter simulare una famiglia tradizionale, senza tenere in alcun modo in considerazione il destino e la volontà del concepito. Il ribaltamento dei valori ci vuole riconoscere come diritto l’arbitrio.
In questa situazione, ha ragione Silvia Noè a dire che la cultura cattolica (certamente a Bologna, ma anche altrove) è discriminata. E non per ristabilire una contrapposizione tra tradizionalisti e progressisti, ma perché i valori cristiani hanno lo stesso titolo e la stessa dignità dei valori laici. E vanno difesi. Rispetto dei principi di ognuno.

Il mondo gay non pretenda la benedizione della Chiesa, come vorrebbe Vendola, ma la Chiesa non venga mortificata per non concedere quella «benedizione» che indica un rovesciamento della società da tutti stigmatizzato, ma da molti favorito.

Dopo l’incidente di Bologna, Casini non sia complice di chi vuole umiliare e piegare il Cristianesimo.

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