Caso Mills, il lodo alla Consulta Ma il tribunale: "Avanti lo stesso"

Accolta la linea dei pm: il processo continua anche senza la presenza del Cavaliere. Niccolò Ghedini, difensore del premier: "Tutto come previsto, a Milano si rifiutano di applicare le leggi volute dal Parlamento"

Caso Mills, il lodo alla Consulta 
Ma il tribunale: "Avanti lo stesso"

da Milano

Il processo Mills si spezza in due. E mentre l’accusa contro Silvio Berlusconi viene congelata in attesa che la Corte costituzionale si pronunci sulla legittimità del «lodo Alfano», il tribunale di Milano continua senza tentennamenti il processo a carico di David Mills, l’avvocato inglese che il Cavaliere è accusato di avere corrotto.
Alle dieci e mezza di ieri mattina, prende corpo nell’aula a pian terreno del tribunale milanese lo scenario che gli avvocati del presidente del Consiglio avevano cercato in tutti i modi di evitare: un processo che va avanti contro il presunto complice di Berlusconi (secondo l’accusa Mills è il corrotto, Berlusconi il corruttore) per arrivare in tempi rapidi a una sentenza di condanna che inevitabilmente riverbererebbe i suoi effetti mediatici anche sul capo del governo.
Protagonista di questa decisione è il tribunale presieduto da Nicoletta Gandus, il giudice che Berlusconi ha ricusato accusandola di avere dichiarate simpatie per la sinistra radicale e di avere polemizzato a ripetizione contro i governi di centrodestra. Ieri il tribunale doveva pronunciarsi sulla eccezione di costituzionalità presentata dal pm Fabio De Pasquale contro il «lodo Alfano», la legge che congela i processi alle quattro principali cariche della Repubblica. Lo scorso 26 settembre un’altra sezione del tribunale milanese, che sta celebrando un altro processo a carico di Berlusconi, aveva fatto propria l’eccezione di incostituzionalità del «lodo», e lo aveva trasmesso alla Consulta: sospendendo, però, non solo la parte di dibattimento a carico del premier ma l’intero processo, con i tempi di prescrizione congelati per tutti gli imputati in attesa di sapere se il «lodo Alfano» sia conforme ai principi di uguaglianza e ragionevolezza sanciti dalla Costituzione repubblicana.
Cosa farà la Gandus, ci si chiedeva prima della udienza di ieri. Dato per scontato che avrebbe fatto propri anche lei i dubbi sulla costituzionalità della nuova legge avanzati dalla Procura, l’attesa era rivolta a capire se anche questo processo sarebbe stato sospeso per intero (come chiesto non solo dagli avvocati di Berlusconi ma anche dal difensore di Mills) o si sarebbe scelto invece di procedere a tappe forzate verso la sentenza a carico del solo Mills. Ed esattamente questa seconda ipotesi è quella che si è materializzata nelle due ordinanze lette ieri mattina dalla dottoressa. Il processo viene sezionato in due tronconi. Mentre il troncone Berlusconi viene ibernato, la prossima udienza a carico di David Mills è fissata per venerdì prossimo. In una manciata di udienze, si può arrivare a requisitoria e sentenza. Anche perché, essendo uscito il Cavaliere dalla scena, diventa irrilevante la sua ricusazione della Gandus.


«Tutto come previsto, a Milano si rifiutano di applicare le leggi volute dal Parlamento», dice Niccolò Ghedini, difensore del presidente del Consiglio: che accusa la Gandus di avere creato «una situazione assurda», «nella prossima udienza verrà proseguito l’interrogatorio di una consulente della difesa Berlusconi senza che la difesa Berlusconi possa essere presente in aula». Ma Ghedini segnala anche un dettaglio non irrilevante: se la Gandus pronuncerà la sentenza a carico di Mills, non potrà più essere lei a celebrare il processo a Berlusconi quando ricomincerà. E tutto dovrà essere affidato ad un altro collegio. Ma è possibile che - nella convinzione che il giudizio contro il premier scivolerà assai in là nel tempo - la dottoressa abbia preferito incassare subito il risultato di celebrare la conclusione di un processo solo formalmente «minore».
«Non ho niente da dire, per me parlano le mie ordinanze», dice Nicoletta Gandus lasciando l’aula.

E tace anche il pm De Pasquale. Per le argomentazioni impiegate nell’accusare di incostituzionalità il «lodo Alfano» è finito sotto accusa davanti al Csm. Ma la giornata di ieri è, per lui, una vittoria su tutta la linea.

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