Gridano al fascismo. Ma anche Matteotti difendeva la divisione tra giudici e pm

La propaganda del No dipinge la riforma come un disegno autoritario ed eversivo: la battaglia è per la "giustizia giusta". Il socialista disegnava processi tra pari

Gridano al fascismo. Ma anche Matteotti difendeva la divisione tra giudici e pm
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Ma quale riforma autoritaria? Ma quale fascismo? La separazione delle carriere la chiede, da decenni, uno schieramento ampio e trasversale, con radici ben piantate nella sinistra, quella socialista, radicale e liberale (magari non comunista, ecco). E lambisce il Pd.

È sempre un riflesso fuorviante e insincero, quello che induce ad attribuire un carattere "fascista" ai propositi di uno schieramento "di destra", e di questo governo in particolare, ma nel caso della "giustizia giusta", del giusto processo, o della riforma che gli italiano saranno chiamati a confermare (o no) con il voto referendario, lo schematismo ideologico diventa una mistificazione bella e buona, anche se ormai - nello scontro ideologico attuale - non si sa più bene dove finisca la rimozione "in buona fede" e dove inizino le falsificazioni.

Eppure sta diventando ossessiva, questa narrazione - campata in aria - per cui il disegno del centrodestra sarebbe di assoggettamento della magistratura inquirente all'esecutivo. E del tutto arbitrario è l'argomento per cui la riforma sarebbe un "disegno" di "svuotamento" della democrazia rappresentativa, cosa che dice a L'Unità la presidente di "Magistratura democratica" Silvia Albano. Qualcuno addirittura prova ad accostare - l'argomento è presente nella campagna del "No" ed è gettonato dal rettore Tomaso Montanari - la modifica della Costituzione votata dal Parlamento e il piano di rinascita democratica", un progetto eversivo di Licio Gelli. Un trucchetto propagandistico non solo puerile, come ha spiegato nella sua rubrica su "Radio Radicale" Gian Domenico Caiazza, già presidente dell'Unione delle Camere penali e oggi leader di uno dei comitati del "Sì", ma anche infondato. Una "clamoroso fake news" secondo l'avvocato, perché quel piano non ha "nulla a che vedere con l'attuale riforma".

E se dalla parte di una riforma della giustizia sono (e sono stati) schierati fior di esponenti della sinistra democratica, garantista e riformista (tra i quali il padre del codice Giuliano Vassalli e anche il nonno di Elly Schlein, il senatore Agostino Viviani) un'idea di "giusto processo" si trova limpidamente teorizzata anche nelle pagine di Giacomo Matteotti.

Il socialista, prima ancora di divenire oppositore e vittima delle violenze del fascismo Matteotti era un giurista raffinato. E nel 1919, in quello che Giovanni Canzio definisce un saggio "breve e fulminante", l'avvocato riformista espose le sua visione del pubblico ministero in uno scritto pubblicato sulla Rivista penale, un saggio intitolato in modo eloquente "Il pubblico ministero è parte".

In aperto dissenso con l'idea per cui il pm sarebbe al di sopra delle parti, Matteotti disegnava con grande lucidità l'idea di un processo in cui le parti stanno in posizione di parità di fronte al giudice terzo. "La divisione dei poteri su cui si fondano i moderni regimi costituzionali e la divisione delle funzioni - l'osservazione - permettono codesto apparente assurdo di uno Stato che è giudice e parte nel tempo stesso". Apparente. "Nessuna delle norme di procedura penale - conclude Matteotti - si oppone, anzi tutte confermano la qualità di parte del pm, o, più esattamente, la sua qualità di organo della collettività, che nel processo entra come parte offesa dal reato e portatrice dell'azione penale".

Ora, sarebbe certo sbagliato trarre conclusioni attuali da questo saggio di tre pagine del 1919, e ognuno può ricavarne le conclusioni che ritiene più convincenti, ma è impressionante notare come, poco più di dieci anni dopo, il fascismo imperante ribalterà questo punto

di vista con l'idea di uno Stato che, superando la divisione dei poteri tipica delle istituzioni liberali, superava anche la separazione tra la magistratura requirente, sottoposta all'esecutivo, e magistratura giudicante.

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