Il caso Padre muore sul lavoro Dopo 3 anni per il pm «non c’è fretta»

Tre anni senza risposte. Tre anni senza giustizia. Tre anni senza sapere se chi ha la responsabilità per la morte di suo marito sarà chiamato a renderne conto davanti a un tribunale. Soprattutto Maria Rosa Piromalli, è da tre anni senza qualcuno che la aiuti a far crescere il suo bimbo di 4 anni rimasto orfano. La sua lettera aperta è un estremo gesto di disperazione, uno sfogo per provare a smuovere quella che sembra ormai una situazione congelata e dimenticata.
Il 29 febbraio del 2008 Fabrizio Cannonero è rimasto ucciso durante il proprio turno di lavoro in porto. L’ennesima morte bianca che si è aggiunta alla tragica lista. Come di prassi, è stata avviata un’indagine, per verificare eventuali responsabilità. Il pubblico ministero cui è stato assegnato il caso ha cercato di verificare le condizioni di sicurezza sul posto di lavoro, cioè di capire se la Compagnia Unica Lavoratori Merci Varie, la compagnia dei camalli sempre in prima fila nelle rivendicazioni per i diritti dei lavoratori, ha dimenticato di garantire la sicurezza dei propri soci.
Il problema è che, dopo tre anni, la giustizia, i magistrati, non sono ancora in grado di dare una risposta. Per questo Maria Rosa Piromalli ha cercato di farsi dare risposte. Invano. Il 23 febbraio è andata personalmente in procura dopo che i suoi avvocati le hanno annunciato l’ennesimo rinvio delle decisioni. Ma la sua avventura in tribunale, così come da lei stessa ricostruita, è stata avvilente. Se davvero le è stato risposto quel che lei racconta, sarebbe opportuno che i responsabili della procura prendano qualche provvedimento. «Mi sono fatta ricevere dal sostituto procuratore Di Gennaro - scrive Maria Rosa Piromalli - con difficoltà, anche a causa della cancelliera che alzando le braccia e gli occhi al cielo chiedeva che me ne andassi. Ho cercato di sollecitare e chiedere spiegazioni del perché di questo increscioso e grave ritardo dei tempi di giustizia. Mi è stato risposto, piuttosto in malo modo e frettolosamente, che i motivi del ritardo erano allo stesso pm sconosciuti (dopo ben 3 anni!) - aggiunge la donna - E in più mi è stato detto che ci sono anche situazioni più gravi della mia.

Ma cosa c’è di più grave della korte sul lavoro di un padre di famiglia che ha lasciato un bimbo piccolo? E perché ci sono dei procedimenti che invece hanno la precedenza anche se per motivi ben più futili e non gravi?» L’interrogativo legittimo della signora Piromalli è quello che provano invano a porsi molti cittadini di fronte ai tempi della giustizia che, quando vuole, sa essere rapidissima, e in altri casi trascina processi all’infinito. Ma questi interrogativi, spesso vengono cancellati con il solito ritornello che è vietato mettere becco nel lavoro dei magistrati.

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