Cè sempre qualcuno che trova modo di rovinare tutto. È successo anche stavolta. La manovra, di cui noi ci siamo stancati di scrivere e il lettore di leggere, anche se ormai è sul punto di essere varata, offrirà nuovi argomenti a chi cavalca la cosiddetta antipolitica. Ne citiamo un paio, quelli che si presteranno maggiormente a dare fiato alle polemiche.
Si era detto, durante la fase preparatoria delle misure, che i parlamentari impegnati su due fronti, nel Palazzo e nella loro professione, quindi con due entrate economiche (indennità più reddito da lavoro), sarebbero stati penalizzati con una trattenuta del 50 per cento sugli introiti diciamo pure istituzionali. In altri termini, gli emolumenti dei senatori e dei deputati sarebbero stati dimezzati.
La decisione assunta dal governo era stata salutata con soddisfazione dall'opinione pubblica: oh, era ora che la Casta si limasse un po' i denti e le unghie. Dopodiché della questione, data per acquisita, non si è più parlato. Errore. Grave errore. Perché lorsignori, profittando dell'insperato silenzio, non appena si è presentata l'occasione, hanno corretto la legge a proprio vantaggio. Quel 50 per cento di aliquota è stato ridotto al 20 sui primi 90mila euro, e del 40 sulla somma eccedente.
Immagino la reazione della gente quando avrà scoperto la furbata, «messa a segno» nottetempo col favore delle tenebre. Noi aggiungiamo che la Casta ha confermato di essere miserabile. Poteva dare il buon esempio ai cittadini, costringendoli ad accettare pazientemente i sacrifici imposti dall'emergenza, e invece ha ribadito di non essere all'altezza di insegnare alcunché a tutti noi.
Transeat. E veniamo al contributo di solidarietà chiesto a coloro i quali sono con enfasi definiti ricchi perché guadagnano al lordo oltre 300mila euro l'anno. In prima istanza, era stato stabilito che tale contributo dovesse riguardare anche i redditi da 90mila euro in su. Poi Silvio Berlusconi ha personalmente modificato il tiro e ha alzato l'asticella a 300mila, consapevole del fatto che 90mila euro non bastano certo a meritarsi l'etichetta di «ricchi», considerata infamante in un Paese dove i soldi (degli altri) sono giudicati lo sterco del diavolo e non una benedizione.
Ciò rammentato, giungiamo al dunque. Allora, chi incassa più di 300mila euro fa parte di un'élite esigua, un club ristretto valutabile intorno allo zerovirgola dell'intera popolazione nazionale. Giusto che paghi? Ok.
Tra questi fortunelli ci sono di sicuro otto calciatori di serie A su dieci. Gli altri «privilegiati», se per caso si riunissero a congresso, potrebbero ritrovarsi tutti, e comodamente, in uno stadio di provincia. Perché sono così pochi? Indovinate.
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