Caso Risanamento, la Procura perplessa: «Servono più soldi per il piano anti-crac»

Milano«Non vorremmo che il piano di salvataggio di Risanamento facesse la fine di Godot, che lo aspettano sempre e non arriva mai». Prima della pausa feriale i pm Laura Pedio e Roberto Pellicano avevano sintetizzato così il loro scetticismo sulla possibilità per le banche di presentare in tempi utili un piano per salvare dal crac il gruppo immobiliare creato da Luigi Zunino. E lo scetticismo esce in qualche modo rafforzato dall’apparizione ieri mattina in procura dei legali di Risanamento - capitanati dal nuovo presidente Vincenzo Mariconda - che chiedono un rinvio di una settimana per partorire il piano, che doveva essere depositato proprio ieri. La Procura si rimette alla decisione del tribunale fallimentare, il tribunale concede il rinvio. La nuova dead line è fissata al 9 settembre.
Riuscirà per quella data il pool delle cinque principali banche creditrici a consegnare un progetto in grado di convincere la procura a revocare l’istanza di fallimento? Arrivati a questo punto della faccenda è possibile disegnare con sufficiente chiarezza i tre scenari possibili. Che partono tutti da un dato di fatto: per la Procura il fallimento di Risanamento non è il peggiore degli scenari possibili. Non siamo - è il ragionamento dei pm - di fronte al crac di un grande gruppo industriale che avrebbe ricadute drammatiche sull’occupazione e sull'economia. I beni al sole di Risanamento (terreni e licenze edilizie) non sono deperibili. E passare per un fallimento non impedirebbe alle attività immobiliari di ripartire in nuove mani.
Primo scenario, il più improbabile: le banche non trovano la quadra, il piano non viene presentato, si arriva all’udienza del 22 settembre davanti al tribunale fallimentare senza niente sul tavolo. A quel punto il fallimento è inevitabile. Secondo scenario, quasi altrettanto improbabile: il piano arriva in tempo, ed è così convincente che la procura fa marcia indietro e dà il suo via libera al salvataggio. Il problema qui è che per fugare i dubbi dei pm servirebbe un impegno finanziario delle banche almeno doppio di quanto gli istituti sono finora disponibili a mettere sul tavolo. «È un problema di risorse economiche, non di management», hanno sempre sostenuto i pm: e continuano a ribadirlo anche davanti alle voci di ieri secondo cui le banche starebbero chiedendo a Zunino di chiamarsi definitivamente fuori anche dalla holding di controllo del gruppo immobiliare. Un make up che non basterebbe a convincere la Procura di avere di fronte un quadro realmente nuovo. Ultimo, e più verosimile, scenario: il piano viene depositato la settimana prossima. La Procura lo trasmette ai suoi consulenti per valutarlo. L’udienza del 22 settembre si conclude con un nulla di fatto. Per tutto ottobre si gioca una partita dagli esiti imprevedibili. E alla fine a sciogliere il nodo è il tribunale.

Che, secondo alcuni segnali, potrebbe decidere di tutelare comunque la continuità imprenditoriale, dando il suo via libera («omologando», tecnicamente) il piano di salvataggio.
Intanto il rinvio dell’approvazione del piano pesa sul titolo Risanamento in Borsa: -3,12% ieri a 0,51 euro.

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