Luca Fazzo - Enrico Lagattolla
Milano - «Oggi se digito il mio nome e cognome su Google, sono associata al bunga bunga pur essendomi comportata in modo del tutto corretto». L’11 aprile scorso, Ambra Battilana è davanti ai pubblici ministeri Pietro Forno e Antonio Sangermano. Sono gli ultimi botti del Rubygate, l’inchiesta della procura di Milano sulle notti di Arcore. Ambra, assieme all’amica Chiara Danese, dice di essere stata a Villa San Marino, e di essersene andata «sbigottita». Anzi, «oserei dire sconvolta». Perché «mi sono «sentita molestata nel mio intimo, nella mia giovinezza e nella mia buona fede». Così, ora, entrambe hanno deciso che si costituiranno parte civile nel processo. Insomma, si dichiarano vittime. Le prime, e finora le uniche nel dibattimento. Ambra ha poco più di 18 anni e il mondo che descrive ai magistrati - sesso in cambio di denaro - la inorridisce. Eppure qualcosa non torna.
È una storia di cui si fa un brevissimo accenno, nella testimonianza fatta davanti ai magistrati milanesi. Domandano Forno e Sangermano: «Risultano procedure in corso presso il Tribunale per i minorenni che in qualche modo la riguardino?». Risposta: «Ho presentato una denuncia per violenza sessuale ai danni di un mio ex fidanzato presso il Tribunale per i minorenni di Torino». Il Giornale è in grado di pubblicare quella denuncia. È a carico di un grosso imprenditore del Nord-Ovest, G.I., una quarantina di anni in più di Ambra, e con una grande disponibilità di denaro. Dal quale, stando alla denuncia, Ambra non sembra essere «inorridita». Più che un fidanzato, somiglia a un pollo da spennare. I due si conoscono nell’ottobre del 2009 in un ristorante. La ragazza, all’epoca, non è ancora maggiorenne. È l’inizio della relazione.
«Qualche giorno dopo, in occasione di una cena organizzata» in un noto ristorante «avevo modo di incontrare nuovamente G.». L’uomo la invita in macchina. «Turbata anche per la mia inesperienza e giovanissima età da tale invito, mi inducevo ad accettarlo soltanto per una ragione di cortesia». Sale. «Con mio enorme imbarazzo, iniziava a farmi domande circa i miei gusti sessuali e a illustrarmi con dovizia di particolari le sue fantasie erotiche. Inoltre, iniziando ad accarezzarmi la mano e la gamba sinistra, mi proponeva di diventare la sua “compagna di giochi” e ancora prima che potessi opporre ogni resistenza mi porgeva una busta con all’interno 2mila euro. Mi assicurava, inoltre, che tale somma rappresentava solo un anticipo dei 5mila euro che mi avrebbe dato ogni mese». Lo scambio è chiaro. «Nonostante l’indecenza della proposta, sia per la soggezione psicologica in cui mi trovavo che per la condizione di grave indigenza nella quale versava la mia famiglia, mi vedevo obbligata mio malgrado a non rifiutare il denaro».
Così, qualche giorno dopo, l’imprenditore «mi portava in un appartamento di sua proprietà». E «succube della sua guida ci entravo». Comincia la relazione sessuale. O come dice Ambra, lui inizia a «violentare ogni mio desiderio». Sta di fatto che, per quella sera, la ragazza si mette in tasca 2mila euro. Ma Ambra, a quel punto, è decisa a dire basta. Solo che - tempo dieci giorni - torna nello stesso appartamento. Altri 2mila euro. E «da allora, purtroppo, iniziava a pretendere rapporti sessuali che, compensati con denaro contante, iniziavo a svolgere con cadenza di una volta ogni settimana». «Non avevo la forza di uscire da quel circolo vizioso», ma «con le somme ricevute aiutavo mia madre», oltre a comprare «vestiti firmati, borse, scarpe, pellicce, gioielli e altro». A Natale, l’imprenditore sborsa 5mila euro «in un grande negozio di abbigliamento». Ambra continua a «soffrire un malessere per la situazione che vivevo», ma soffre «in un appartamento in centro» città. Pagato - dall’impianto fino agli arredi - «con il denaro percepito» dall’imprenditore. Ambra soffre la «mercificazione della mia persona». Finché non passa un altro treno. Sono le selezioni per Miss Italia. La ragazza vince il titolo di Miss Piemonte, «arrivando di diritto alle finali nazionali».
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