Francesco Cramer - Adalberto Signore
L’ultimatum della procura di Napoli (Berlusconi scelga tra quattro date per venire a Napoli o sarà accompagnamento coatto), conferma al premier che i magistrati lo vogliono incastrare. Il Cavaliere lo considera più o meno un atto di guerra consegnato, peraltro, con tempi che hanno il sapore dell’affronto. «Ma come? Io sono in Europa per illustrare la bontà della nostra manovra e loro che fanno?». Ce l’ha con l’opposizione, assetata del sangue e sognante della spallata giudiziaria, ma anche con la magistratura: «All’Europa non interessa nulla del signor Tarantini e in questo momento a me interessa l’Europa e l’Italia». Come a dire: ora non ho certo la testa per mettermi a ragionare e compulsare l’agenda al fine di trovare il giorno adatto per incontrare i giudici. Ma la tentazione di rispondere «picche» ce l’ha eccome, sebbene sia più complicato addurre motivazioni istituzionali per le giornate di sabato e domenica. In ogni caso, continua a ripetere, «Non ho fatto nulla di male e non ho niente da rimproverarmi. L’estorsione non c’è perché ho soltanto aiutato una persona in difficoltà». Ma il premier non ha smesso di temere il trappolone dei pm, prevedendo cosa possa a accadere durante l’audizione. Lui, solo davanti ai giudici, senza legali perché parte lesa, a rispondere al fuoco di fila dei pm. Una distrazione su una data, un «non ricordo» di troppo e la sua posizione potrebbe immediatamente cambiare: da testimone a indagato. Magari per falsa testimonianza o per violazione delle norme antiriciclaggio. Che fare, quindi? Trovare un buco tra i suoi impegni istituzionali e scegliere un giorno tra giovedì e domenica per presentarsi in procura o lasciare che i magistrati siano obbligati ad attivare la procedura per l’accompagnamento coatto, con relativa richiesta alla giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera? Nell’attesa di mettere a punto una strategia, prevista per oggi, il partito non solo fa muro in difesa del premier ma contrattacca.
«I pm continuano a dimostrare che c’è un accanimento giudiziario nei confronti del premier», è la linea del partito. Per il Pdl una tesi suffragata dalle parole stesse del procuratore generale di Napoli, Giovandomenico Lepore. Il quale, spiegando alla radio che il documento spedito in procura da Berlusconi per dare spiegazioni «non basta», incappa in un errore terminologico che la dice lunga: usa il termine «memoria difensiva». A pizzicarlo immediatamente è il deputato Amedeo Laboccetta: «Quando Lepore parla di “memoria difensiva” riferita al presidente Berlusconi, dimostra che la lingua ha tradito il suo pensiero oppure che siamo in presenza del classico lapsus freudiano: la conferma che a Napoli i magistrati intendono sentire il presidente Berlusconi come testimone ma di fatto hanno già deciso che deve essere indagato».
Non solo. Enrico Costa, Manlio Contento e Francesco Paolo Sisto firmano un’interrogazione parlamentare per sollevare un altro caso. I pm di Napoli, infatti, avrebbero sollevato dal segreto professionale i difensori di Tarantini, Giorgio Perroni e Nicola Quaranta, durante un interrogatorio. Secondo il codice penale, invece, questa decisione spetterebbe al giudice e non ai pm e quindi ci si trova di fronte «a una palese violazione del diritto di difesa finalizzata a raccogliere, travolgendo le regole processuali, “fatti specifici da contestare” alla vittima del reato». Ossia Berlusconi. E su questo chiederà notizie il Guardasigilli, Francesco Nitto Palma. Al quale il partito torna a chiedere l’invio degli ispettori a Napoli per l’eventuale fuga di notizie nell’inchiesta. Ma il Guardasigilli attende le informazioni già richieste ai pm, prima di agire in questo senso.
Napoli ma non solo. Il premier sa che i prossimi giorni saranno cruciali sul fronte giustizia. Domani dovrebbero essere depositati gli atti di fine indagine sull’inchiesta di Bari su Tarantini.
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