RomaGiù le mani da Tremonti. Non sono piaciuti a Silvio Berlusconi i titoli per una volta allineati del Giornale e di Repubblica che ieri indicavano nel ministro dellEconomia lispiratore della rivolta leghista sui bombardamenti in Libia. Ieri nel corso di unaltra infuocata giornata il premier invece di glissare ha preso di petto la questione, «smentendo» con una nota il Giornale e ribadendo la propria fiducia nel titolare del dicastero di via XX Settembre. «Tremonti - le parole di Berlusconi - è impegnato con me a ritrovare, con la Lega, i termini di un comune impegno politico, anche sulla questione dei raid aerei sulla Libia». Unintesa senza incrinature, quindi, secondo il premier. In soccorso della cui tesi è intervenuta pure la stretta cronaca politica: proprio ieri infatti alla Camera dei deputati cè stato il via libera al Documento economico e finanziario 2011 «che reca la sua firma con la mia». Non solo. «Subito dopo - prosegue il premier - porteremo avanti il lavoro che Tremonti e i ministri competenti stanno preparando sul terreno delle politiche reali. Inoltre Tremonti è impegnato con me a ritrovare con la Lega i termini di un comune impegno politico anche sulla politica estera».
Unimpresa, questa, tuttaltro che agevole. Anche al «pontiere» Tremonti, da sempre ambasciatore ombra del Pdl allinterno della Lega ma da ieri ufficialmente incaricato di questo compito dallo stesso presidente del Consiglio, non sarà facile trovare una via duscita che consenta di salvare lunità del governo e al contempo di evitare alla Lega di fare davanti ai suoi elettori la figura di chi «cala le braghe». Anche perché ieri Roberto Calderoli, di fronte ai primi raid in Libia, non ha esitato a rincarare la dose: «Va di male in peggio». Ma di certo vincere questa supersfida sarebbe il modo migliore per Tremonti per sgomberare i sospetti che si sono affollati sulla sua testa di essere il regista della colica libica del Carroccio.
Sospetti che, secondo leditoriale firmato ieri dal direttore del Giornale Alessandro Sallusti in prima pagina, sarebbero basati su due indizi, corrispondenti ad altrettanti motivi di rancore da parte di Tremonti nei confronti del premier: la nomina a Governatore della Banca centrale europea di Mario Draghi, nemico storico del ministro; e il via libera di Berlusconi alla scalata francese della Parmalat, operazione vista come il fumo negli occhi da Tremonti, che peraltro non è stato in grado di imbastire una credibile alternativa nostrana. In questottica il malumore leghista per il via libera ai bombardamenti in Libia, orchestrato puntando alla pancia dellelettorato del Carroccio terrorizzato attraverso il ricorso allo spettro della massiccia invasione di immigrati, sarebbe solo un pretesto e non la vera posta in gioco.
Quanto a lui, il ministro, ieri ha brillato per il suo silenzio. Nel giorno in cui ha saputo della sibillina copertina di Panorama oggi in edicola («Si stava meglio quando non cera lui?», si chiede il settimanale diretto da Giorgio Mulè) e nel giorno in cui, come detto, in aula a Montecitorio si votava un documento fatidico per il suo dicastero, Tremonti ha preferito non comparire, attirandosi anche la facile ironia del segretario del Pd Pier Luigi Bersani: «Oggi (ieri, ndr) cera un sottosegretario sui banchi del governo. Tremonti non si è fatto vedere quando invece era presente sul processo breve come tutto il governo».
Naturalmente il Giornale ha incassato anche le critiche di qualche altro esponente della maggioranza, come il deputato del Pdl Osvaldo Napoli: «Una certa pubblicistica da tre palle e un soldo, che ha preso piede anche nel centrodestra, come dimostra il Giornale di oggi (ieri, ndr), ama vedere una contrapposizione permanente fra il premier e il suo ministro dellEconomia», dice Napoli, che poi afferma salomonico: «Il governo non ci sarebbe senza Tremonti, ma neppure Tremonti ci sarebbe senza questo governo. Il dopo Berlusconi è rimesso soltanto al voto degli elettori». Staremo a vedere.
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