Il caso Zara trasforma l’Unione in un ring Rissa Margherita-Ds

Il caso Zara trasforma l’Unione in un ring Rissa Margherita-Ds

E adesso che se la vedano, brutta a vederli litigare ancora ieri, Ds e Margherita. Stefano Zara si prende la rivincita. È lui che li scarica, altroché: «Per me la questione finisce qui». Perché la Margherita sappia che non potrà riparare la sua mancata candidatura in parlamento proponendolo come sindaco scandisce a lettere cubitali: «Io-non-sarò-candidato-sindaco, è chiaro?». E perché i Ds sappiano che il loro interessamento tardivo, con Claudio Burlando che chiama Piero Fassino all'urlo di «Salvate il soldato Zara» gli è parso quantomeno inelegante, fa sapere di aver molto apprezzato le parole del segretario ligure della Margherita Rosario Monteleone, che ieri proprio rispondendo a Burlando ha detto che c'è poco da recriminare, «perché anche la direzione nazionale dei Ds ha avallato l'esclusione di Zara nel momento in cui è stata compilata la lista unitaria della Camera e nessuno ha alzato un dito». Sulle colpe, ieri i due maggiori azionisti dell'Unione hanno continuato a scannarsi. Monteleone ha risposto furente a Burlando: «Chi oggi dice di voler fare qualcosa e di intervenire per l'esclusione della candidatura di Zara, chi fa gli appelli a Fassino, lo poteva fare prima. Se Zara era un candidato della coalizione dei Ds e Margherita, ci si poteva vedere e parlare prima. Invece io solo mi sono assunto la responsabilità». Mario Tullo il segretario ligure dei Ds allora ha replicato piccato a Monteleone: «Zara è un autorevole deputato uscente della Margherita e doveva essere la Margherita eventualmente a porre il problema in tempi non sospetti e utili al lavoro per trovare una soluzione diversa». Solo l'inizio. Perché poi le divisioni spuntano su tutto. Le primarie per palazzo Tursi, per dire. Dice Tullo che «le stiamo facendo dappertutto quindi credo proprio che le faremo anche a Genova». Aggiunge Marta Vincenzi l'ueroparlamentare Ds, la prima a lanciare la proposta di una consultazione popolare per la scelta del candidato sindaco, che «le primarie vanno fatte soprattutto ora, dopo la brutta vicenda Zara». Solo che Monteleone s'è arrabbiato: «Primarie? E chi l'ha deciso? Non è affatto scontato che le faremo, e comunque se dovessimo farle vorremmo molte garanzie. La Margherita comunque rivendica il diritto a esprimere una propria candidatura». Sotto lo scontro, niente. Perché Zara ha visto giusto, il caso è chiuso. «Gli proporremo di fare il candidato sindaco» diceva ieri Monteleone. «La risposta l'ho già data e la rido: è no - ha ribattuto a stretto giro Zara -. Non accetterò che si usi il mio nome strumentalmente per dividere». Quindi? Tanti saluti e grazie: «Ha chiuso lui la vicenda esortandoci a continuare a lavorare. Intanto avremo Stefano con noi, una grande rtisorsa che crede nel progetto di partito democratico. Poi vedremo. la vita non finisce in Parlamento. A Genova ci sono tanti posti di altissimo livello e Stefano ha tante e tali competenze che può fare tutto». «Stefano», comunque, non è caccia di poltrone: «Non ho alcuna tentazione, in questo momento il mio pensiero è più al riposo che all'impegno. L'impegno sul piano politico, quello lo manterrò, insieme a quello nel sociale, ma non cerco incarichi». Veloce come un gatto lo ha chiamato Clemente Mastella il leader dell'Udeur, gli ha offerto un posto nella sua lista: «Gli ho risposto che se mi cerca per il patrimonio che gli posso portare, deve anche sapere che quel patrimonio sarebbe immediatamente disperso, nel momnento in cui io facessi una scelta incoerente». Ieri Vincenzi ha sottolineato come «queste siano le storture della legge elettorale, che restituendo tanta forza alle segreterie di partito premia i fedelissimi e a discapito degli indipendenti come Zara». E ha fatto appello a Ds e Margherita a non creare «agnelli sacrificali».

Non cambierà nulla, invece. Ancora una volta, lo ha ricordato ieri Monteleone, c'è un solo, potentissimo collante a tenere unita l'Unione: «Adesso dobbiamo liberare il Paese da Berlusconi, poi vedremo». Poi vedremo, appunto.

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