Cassa di Asti: chiesti 4 anni per Rapisarda

Il finanziere è accusato di corruzione dai pm di Torino. Coinvolto anche un giudice istruttore

Cassa di Asti: chiesti 4 anni per Rapisarda

Stefano Zurlo

da Milano

Più che un processo è una saga. Cominciata nella seconda metà degli anni Ottanta. Due i protagonisti in lite: la Cassa di Asti e il finanziere Filippo Alberto Rapisarda; a complicare la trama un arbitraggio sospetto, quello del giudice istruttore milanese Giorgio Della Lucia. Il magistrato avrebbe parteggiato non per la verità ma per Rapisarda. Ora s’intravede il finale: la Procura di Torino ha chiesto la condanna della coppia Rapisarda-Della Lucia a 4 anni e 6 mesi per corruzione in atti giudiziari.
Al centro del pasticcio c’è un nome che ormai dovrebbe appartenere all’archeologia giudiziaria, quella della società immobiliare Bresciano, e alcune perizie disposte da Della Lucia sulla contabilità dell’azienda oggetto della querelle fra la banca piemontese e il discusso finanziere. In pratica, i test sarebbero stati addomesticati: con una specie di gioco di prestigio Rapisarda sarebbe stato catapultato nel ruolo del creditore, per parecchi miliardi, sfuggendo alle responsabilità del dissesto e poi della bancarotta della società di Mondovì. Questione intricata. Questione controversa. Questione che si trascina da tempo immemorabile.
Con un clamoroso colpo di scena che potrebbe nascondere un peccato originale: in un primo momento Della Lucia indaga Rapisarda, poi con una virata spettacolare mette sotto accusa la banca che alla Bresciano aveva concesso ossigeno sotto forma di prestiti. Ora i Pm di Torino provano a spiegare il perché di quel cambio di traiettoria. Della Lucia avrebbe incassato una tangente da 1 miliardo, pagata fra l’88 e il ’93. Quel miliardo darebbe un senso alle contorsioni dell’indagine. Compreso l’assalto all’istituto di credito, finito nel ’94 con il proscioglimento di tutti i dirigenti inquisiti e tante scuse da parte della magistratura.
A mettere gli investigatori sulla pista buona è il pentimento di tre persone appartenenti all’entourage di Rapisarda: il 25 ottobre ’93 le loro voci e le loro soffiate vengono incise su nastro nella studio di Milano dell’avvocato Giovanni Maria Dedola, legale della Cassa di Asti e oggi sotto i riflettori come difensore dell’ex dominus di Unipol Giovanni Consorte. Da quella cassetta parte il filo che arriva, fra difficoltà e passi falsi, alla requisitoria dei Pm torinesi che chiedono anche la condanna dell’avvocato Paola Mora, moglie di Rapisarda, e del perito Paolo Brecciaroli, autore dei tre studi contestati.
L’incredibile lentezza e la farraginosità di questa storia ha già avuto un risultato paradossale: Della Lucia, a suo tempo sospeso dalle funzioni e dallo stipendio dal Csm, ha ripreso servizio e lavora alla Corte d’appello di Genova. «Della Lucia è un giudice integerrimo - spiega l’avvocato Manlio Giaquinto - questa storia è una montatura e finirà in nulla. Hanno rivoltato Della Lucia, hanno rovistato nella sua vita, hanno controllato tutti i suoi conti e quelli dei suoi familiari e non hanno trovato nulla. Nulla.

La verità è che tutto nasce da quella registrazione del 25 ottobre ’93».
Alla Procura di Torino la pensano in un altro modo. Nelle prossime settimane il tribunale metterà, si spera, la parola fine alla saga della Bresciano.

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