Cassano contro tutto uno stadio distribuisce più sorrisi che assist

GenovaAntonio vale uno striscione, uno solo, di quelli con la tela al centro, sorretta da due aste di legno. Il testo non è dei più poetici a disposizione («99 merda»), ma è l’immagine che conta molto più delle parole: perchè i tifosi della Gradinata Sud, uno dei cuori pulsanti del tifo blucerchiato, usano lo stesso ritratto esultante che era accompagnato dalla scritta «Amico Cassano».
Lo striscione riciclato e ribaltato è il fermo immagine sulla serata del ritorno a Genova, un film che tocca vari generi: dal grottesco, con la risata e la sbruffonaggine straesibite da Antonio, troppo ostentate per essere vere; alla commedia, con i siparietti con il pubblico e gli ex compagni; fino a un certo tono da tragedia greca del padre ripudiato, il presidente della Sampdoria che, presentando l’ottimo programma della sua Fondazione Garrone, non si risparmia nulla della sua amarezza. Il patron blucerchiato, che l’aveva sempre amato e difeso, a volte anche al di là del difendibile, è durissimo: «Non ho alcun sentimento di considerazione, nè di accettazione dei suoi problemi, soprattutto dopo quello che ha detto, che mi ha tolto ogni possibilità di dire che per me è un ragazzo che ha dei valori». La frase cassaniana incriminata è la battuta il giorno della presentazione in maglia rossonera: «Avendo detto che se avesse saputo di andare al Milan mi avrebbe insultato prima, posso dire che la natura di quest’uomo è esattamente quello che ha sempre rivelato».
La colonna sonora del film, invece, sono bordate di fischi, continui, ogni volta che il numero 99 rossonero si affaccia sul campo: appena entra, per ultimo, prima di accomodarsi in panchina; quando imbocca il tunnel degli spogliatoi alla fine del primo tempo; quando inizia a riscaldarsi proprio sotto la Gradinata Sud, guadagnandosi boati e cori ad ogni scatto; e, ovviamente, al 78’, quando Allegri lo manda in campo. Fino al fischio finale, quando resta, ostentatamente, in campo a festeggiare la vittoria e il passaggio del turno, salutando i tifosi rossoneri con un entusiasmo che sembra eccessivo per un quarto di finale di Coppa Italia.
Orfani e vedove di Cassano, a Genova, ce ne sono ancora parecchi. Ma, probabilmente, sono rimasti tutti a casa o sono ben mimetizzati fra il pubblico del Ferraris, visto che l’unico coro che gli dedicano i tifosi ha ancora per oggetto il prodotto organico passato alla storia grazie al generale Cambronne. E, anche in questo caso, un po’ come per lo striscione, siamo di fronte a una sorta di nemesi, visto che proprio «lei» è stata protagonista delle due esternazioni cassaniane che hanno lasciato il segno a Genova: la prima dedicata ai tifosi «abituati alla merda, che con me hanno provato la Nutella»; la seconda al presidente, qualificato come «vecchio di merda». Insomma, Marassi gli risponde con le sue armi.
Ma, per l’appunto, Antonio è indifferente o simula indifferenza. Abbraccia Palombo appena entra in campo, saluta quasi tutti i compagni con affetto ostentato e sfodera per tutta la sera il sorriso più contundente del suo guardaroba di sorrisi ostentati. Salutando chi lo saluta in sala stampa con un rassicurante: «Tutto sotto controllo». Accompagnato anch’esso da un sorriso, ovvio.


E la partita? 17 minuti partiti lenti, con due contropiede sciupati, una gran giocata con cross che procura un corner al Milan e un tiro fuori che avrebbe potuto essere gol se solo Antonio avesse dato l’assist a un suo compagno libero in mezzo all’area, anzichè tentare la soluzione personale.
Ma ieri, per il 99 rossonero, non era serata da assist e da squadra. Era lui contro uno stadio. Senza vincitori.

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