Roma - Stop agli iettatori. Augurare a una persona di morire di cancro è un’ingiuria, se detto con particolare disprezzo. D’ora in avanti dalle maledizioni ci si potrà difendere oltre che facendo gli scongiuri anche con una denuncia. Lo si evince dalla sentenza numero 32978 depositata oggi dalla Cassazione: il fatto è successo a Treviso, dove dopo una animata discussione un uomo aveva detto a due conoscenti "chissà che te mori ti e to fia di tumore". Uno dei destinatari della frase aveva, fra l’altro, perso la moglie da poco con un brutto male. Per questo i due avevano denunciato il fatto.
Decisione ribaltata Il giudice di pace di Treviso aveva ritenuto l’uomo colpevole di ingiuria. Ma la decisione era poi stata ribaltata dal Tribunale di Treviso secondo cui "pur trattandosi di una frase di pessimo gusto, che rileva malanimo e totale mancanza di pietà umana per la vicenda che aveva colpito il destinatario ma che non incide sulla onorabilità della persona offesa".
Ricorso vinto I due, costituitisi parti civili, hanno fatto ricorso alla Cassazione e, questa volta, hanno vinto.
La quinta sezione penale ha annullato con rinvio l’assoluzione sostenendo che "nella decisione impugnata manca totalmente una giusta disamina dei fatti dal momento che si è limitata a considerare solo il significato logico e intrinseco delle parole adoperate senza minimamente apprezzarle in rapporto al contesto in cui erano state proferite, anche al fine di verificare la possibilità che esse costituissero una manifestazione di disprezzo verso le persone cui erano dirette, e quindi un’offesa all’altrui decoro, vale a dire al complesso di altre qualità, diverse da quelle morali e circostanze che determinano il valore sociale di un individuo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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