Mille firme per dire no ai furti in casa e basta al campo di Castel Romano, il più grande accampamento rom della capitale, 1,5 milioni allanno di spese di gestione. Stop, quindi, a unisola di degrado senza uguali in città.
La petizione è indirizzata a Gianni Alemanno ed è stata consegnata ieri al consigliere comunale Ludovico Todini da una delegazione di residenti esasperati dei quartieri Tor de Cenci, Spinaceto, Casal Brunori e Tre Pini. «Mi hanno chiesto di trasmetterla al sindaco, vista la difficoltà di incontrarlo - spiega Todini, membro della commissione sicurezza -. La popolazione si lamenta che, dallistituzione del campo a oggi, si sono moltiplicati i furti negli appartamenti, il degrado, la sporcizia. La gente non si sente sicura in casa. Inoltre, la delegazione ha tenuto a sottolineare che i controlli delle forze dellordine nella zona sono rari e il numero di nomadi che vive nel campo appare di gran lunga superiore a quello previsto».
Todini porterà laffaire Castel Romano alla prima riunione utile della commissione sicurezza: «La gente chiede interventi mirati al controllo della popolazione nella baraccopoli, la verifica dei mezzi di sussistenza e la possibilità di smantellarlo».
A maggio era stata indirizzata ad Alemanno unaltra petizione per lo sgombero, questa volta dallassociazione di Torvajanica Minerva Tritonia di Laura Celori. Il campo di Castel Romano, 1500 persone, il più grande insediamento rom forse di tutta Europa, sorge allinterno della riserva naturale di Decima Malafede. Uneredità pesantissima della precedente amministrazione. Linsediamento si deve allex sindaco Walter Veltroni che, dalloggi al domani, senza nemmeno preoccuparsi di chiedere il permesso alla Regione Lazio, titolare della riserva, nel settembre del 2005 vi deportò circa 800 rom appena sgomberati dal campo di vicolo Savini. Vivacissime le proteste del XII Municipio, degli ambientalisti del Wwf. Il trasferimento venne definito «provvisorio» dal Comune, due-tre mesi al massimo. Un pretesto che mascherava lintento reale: i primi container, il bando per la gestione del campo, le proroghe. Poi altri container, lo sgombero di Tor Pagnotta e larrivo di altri rom con unescalation di furti negli appartamenti e nei negozi e la diffusione a macchia dolio della droga.
Lo scorso anno unindagine della onlus «Magliana 80» su incarico dellAgenzia comunale per le tossicodipendenze rilevò che circa il 30 per cento dei rom di Malafede faceva uso di cocaina, eroina, cannabis, alcool.
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