Sottosegretario Roberto Castelli, ora non dica «io l’avevo detto»...
«Non lo dico, però... ».
Però?
«Uso le parole di un amico vescovo: la verità soffre ma non muore».
Con chi ce l’ha?
«Domenica ho letto il fondo di Scalfari sulla Repubblica. Dice che è arrivato il momento di dare più potere al procuratore capo e limitare quello dei sostituti».
Dice che è un riconoscimento «postumo»?
«Appunto. È esattamente quanto c’è scritto nella riforma che porta il mio nome, quella per cui la sinistra mi ha dileggiato fino a ieri. Sono stato cinque anni ministro della Giustizia e non hanno fatto altro che impallinarmi, oggi invece scopriamo che ero sulla strada giusta».
Anche Violante dice che il potere dei magistrati è «cresciuto a dismisura».
«Evidentemente in Italia non conta solo cosa si dice ma anche chi lo dice. Anche perché la riforma che approvammo mentre ero a via Arenula - quella che, riconosce oggi Violante, cercò di mettere un freno allo strapotere della magistratura - fu in parte smantellata da Mastella».
Cosa è cambiato oggi?
«Il clima. E per due ragioni».
La prima?
«La sinistra ha capito che Berlusconi non si batte per via giudiziaria, mentre nel 2001 ancora si illudeva potesse essere una soluzione. Ormai a seguire quella strada è rimasto solo Di Pietro, l’ultimo giapponese asserragliato nella sua isola insieme a qualche luogotenente che gli fa da cassa di risonanza».
La seconda?
«Quando un sistema diventa autoreferenziale - e la magistratura lo è da tempo - alla fine inevitabilmente degenera. Un processo che in verità va avanti da anni, ma che prima era difficile cogliere perché la maggior parte dei giornali erano dalla loro parte. Di esempi ce ne sarebbero a bizzeffe... ».
Ne faccia uno.
«Ero ministro quando a Napoli ci fu la rivolta dei magistrati contro Cordova. Solo perché indagava su Bassolino si trasformò in pochi giorni in una sorta di pericolo pubblico e fu allontanato. Quasi tutta la grande stampa si guardò bene dallo stigmatizzare la vicenda e oggi, passati sei anni, scopriamo che oltre ad aver malgovernato forse Bassolino - questo dice il malcostume italiano dei rumors giudiziari - ha anche delle altre responsabilità. Per capirci, oggi quello che è accaduto a Cordova non si ripeterebbe».
La ragione sta anche nella Tangentopoli che sta colpendo il Pd?
«La sinistra ha coltivato per anni la via giustizialista al potere. Non sono stato l’unico a dirgli di non illudersi perché la magistratura non avrebbe risposto a loro per sempre».
È arrivato il momento di ragionare su una riforma della giustizia bipartisan?
«Sì, oggi si può finalmente fare quello che ai miei tempi era impossibile solo immaginare».
Di Pietro dice che è pronto a tornare in piazza contro l’«inciucio sulla giustizia»...
«Non è solo l’ultimo giapponese, è anche un furbone con le scarpe grosse e il cervello fino che cerca di sfruttare a suo favore tutte le situazioni di crisi. Prima ha cavalcato Alitalia andando ad arringare i piloti e oggi si prepara a fare il Masaniello sulla giustizia. Mi pare un disegno di corto respiro che ha il solo obiettivo di racimolare qualche voto e mettere in difficoltà Veltroni».
Entriamo nel merito. Da dove può partire un processo riformatore bipartisan?
«C’è una questione di grande importanza sulla quale si potrebbe intervenire in modo rapido. L’idea, condivisa anche da Violante e da parte della magistratura, è quella di istituire una sezione disciplinare distaccata dal Csm e composta da membri nominati dal capo dello Stato, dal Parlamento e dalla magistratura stessa».
Quale sarebbe il vantaggio?
«Oggi a giudicare è il Csm che da organo di autogoverno è diventato organo di autotutela dei magistrati. Come si può giudicare serenamente qualcuno che poi domani potrebbe dover giudicare te? Ma usciamo dalla politica... ».
Prego.
«È possibile che ci sia una signora magistrato che è stata assente otto mesi presentando un certificato medico secondo il quale aveva mal di schiena mentre in verità stava facendo regate transoceaniche sulla quali ha anche scritto un libro?».
Direi di no.
«Nonostante questo il Csm si è ben guardato dal licenziarla... altro che i fannulloni di Brunetta».
Bossi dice: prima il federalismo poi la riforma della giustizia.
«Politicamente la priorità è questa. Anche se mi è parsa molto razionale la risposta di La Russa: visto che abbiamo un bicameralismo perfetto, le due cose possono andare tranquillamente di pari passo. Una alla Camera e l’altra al Senato».
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