Roma - Una «trappola», un «disegno studiato a tavolino» dai poteri forti che ieri stavano con Romano Prodi e «oggi si preparano a cambiare cavallo». Roberto Castelli, capogruppo della Lega al Senato ed ex ministro della Giustizia, ha pochi dubbi. E legge l’intervista di Massimo D’Alema al "Corriere della Sera" come «il primo tassello» di una manovra che ha l’obiettivo di «delegittimare la politica tutta» per «coprire il fallimento dell’Unione», di cui il caso Visco-Unipol è solo «l’ultimo atto». Il fine è preparare la strada a un avvicendamento a Palazzo Chigi sulla falsariga di «quanto accadde con Carlo Azeglio Ciampi nel 1993».
Senatore, andiamo con ordine. Secondo lei non siamo davanti a una crisi della politica come dice D’Alema e scrivono da giorni autorevoli quotidiani?
«L’unica crisi che vedo è quella di questa maggioranza di governo che ha ministri macchietta e che sta dilapidando anche l’extragettito che gli abbiamo lasciato in eredità. La gente non è disgustata dalla politica, ma da come il centrosinistra sta governando. Non è un caso che le piazze continuino a riempirsi per i comizi di Berlusconi o di Bossi. E, fatte le debite proporzioni, anche per i miei».
Allora qual è la ragione di questo dibattito?
«Siamo davanti a un progetto studiato a tavolino che parte da lontano. E passa per il Corriere della Sera, lancia mediatica dell’establishment, e per le grandi fusioni bancarie, ieri San Paolo-Intesa e oggi Capitalia-Unicredito. Tutte operazioni benedette da Prodi e dai poteri forti che hanno sempre visto Berlusconi come fumo negli occhi e che, non a caso, due estati fa hanno messo all’angolo prima i cosiddetti furbetti del quartierino e poi l’allora governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio. Ecco, lo stesso establishment che finora ha sostenuto Prodi perché era funzionale al progetto, oggi ha deciso di riposizionarsi».
Come mai adesso?
«Perché nel loro disegno c’è stato un imprevisto, che è questo governo disastroso e i suoi indici di gradimento. L’ultimo atto di una serie di defaillance colossali è il caso Visco-Unipol che è di una gravità inaudita. Conosco personalmente il comandante generale della Finanza Roberto Speciale ed è uomo retto. Il governo dovrebbe riferire in Senato al più presto. Detto ciò, è chiaro che se si votasse oggi il centrosinistra non avrebbe alcuna possibilità di successo e così i poteri forti cambiano cavallo e puntano di nuovo sui tecnocrati».
Di nuovo?
«Come con Ciampi nel 1993, che non è mai stato eletto dal popolo eppure ancora oggi sostiene il governo Prodi in Senato».
Insomma, lei oggi non vede il clima degli anni di Tangentopoli di cui parla D’Alema?
«Assolutamente no. Ma non credo che siano stati rievocati per caso».
Si spieghi.
«È chiaro che si vuole lanciare un messaggio inquietante. E cioè: “Attenti, perché se questo progetto non va a buon fine allora vi mandiamo la magistratura come è stato negli anni di Tangentopoli”. Se non è un colpo di Stato poco ci manca...».
Addirittura?
«Finché era il Corriere della Sera che invitava i suoi lettori a votare per il centrosinistra eravamo ancora nell’ambito della democrazia, quando invece si vuole tirare la volata a tanti piccoli Padoa-Schioppa che non hanno avuto alcuna investitura popolare...».
Vede già dei candidati alla guida di un ipotetico governo tecnico?
«Non mancano.
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