Castro «Meno lamentele, più lavoro»

Nel giorno più importante della storia cubana, quel 26 luglio che è l’anniversario dello storico assalto del 1953, compiuto da Fidel Castro alla caserma Moncada (e considerato l’inizio della rivoluzione), il presidente Raul Castro ha esortato i cubani a lamentarsi di meno per l’embargo degli Stati Uniti e a lavorare di più, in particolare le terre incolte per non dipendere dall’importazione di alimenti, per i quali il Paese deve pagare sempre di più a causa della crisi.
In 35 minuti di discorso, davanti a 200mila persone radunate nella piazza Calixto Garcia di Holguin (circa 800 km a est dell’Avana) il fratello del Líder Máximo e presidente in carica non ha fatto alcun riferimento alla nuova amministrazione di Washington né a nessuna questione di politica internazionale. «La terra è lì e qui ci siamo noi cubani. Dobbiamo lavorare assieme. Vedremo se lavoriamo o meno. Non si tratta di urlare patria o morte, abbasso l’imperialismo, l’embargo ci colpisce e nel frattempo la terra sta lì, aspettando il nostro sudore», ha proclamato Raul.
In prima fila c’erano il primo vicepresidente José Ramon Machado Ventura, il vicepresidente Esteban Lazo, e il presidente dell’Assemblea nazionale (parlamento) Ricardo Alarcon.
La produzione delle terre è una «priorità strategica» e «una questione di sicurezza nazionale», ha sottolineato Raul.
Cuba importa l’85% degli alimenti che consuma. Raul ha approvato l’anno scorso la concessione in usufrutto delle terre incolte - circa la metà del Paese - e sono state assegnate il 39% delle terre a disposizione. «Sono poche», ha detto il presidente.


Raul Castro, che ha compiuto 78 anni il mese scorso, ha sostituito alla guida di Cuba il fratello Fidel, 82 anni, il quale aveva pronunciato a Holguin il suo ultimo discorso tre anni fa, il 26 luglio 2006, prima di essere sottoposto a un intervento di urgenza a causa di una emorragia intestinale. Fidel ha poi lasciato la guida del Paese anche se resta primo segretario del Partito comunista cubano (Pcc).

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