Milano - Molti anni prima di diventare "lìder maximo" Fidel Castro scrisse una lettera al presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosvelt chiedendogli una banconota da dieci dollari. La Casa Bianca aveva un ufficio apposito per rispondere a chi scriveva al presidente. E così il giovane Castro - aveva solo quattordici anni - ricevette la sua risposta, ma niente denaro. Di certo sarà stata grande la sua delusione. Di recente, ritiratosi a vita privata dopo la malattia, l'anziano leader della rivoluzione cubana ha più volte dimostrato di interessarsi ancora alla politica: non solo criticando, a volte in modo aspro, le scelte del fratello Raul, ma anche commentando le elezioni negli Stati Uniti. Gli americani non avevano ancora votato e Castro, dall'Avana, dichiarava apertamente la sua preferenza per Obama, sottolineando come il candidato democratico fosse, a suo modo di vedere, molto più colto e preparato di McCain. "Obama è più intelligente di McCain, io di certo faccio il tifo per lui".
Gli Usa non saranno meno bellicosi Ora, archiviate le elezioni in America, Castro sembra tentare una timida marcia indietro. Avrà avuto una nuova delusione come quando era solo un ragazzino? Forse il cambio di rotta non è dettato dalla reale volontà di prendere le distanze da Obama - Cuba spera, oggi più che mai, che gli Usa pongano fine all'embargo - ma per rassicurare i suoi mostrando loro che la "linea" del lìder maximo non muta nel tempo. Potrebbe dunque trattarsi di un'ostentata coerenza di facciata a uso interno. È "molto da ingenui" credere che gli Stati Uniti saranno meno bellicosi con il nuovo presidente Obama. Castro lo scrive sul sito internet "Cubadebate", sottolineando come siano in tanti a "sognare che l’imperialismo diventerà più tollerante e meno bellicoso con un semplice cambio della guardia".
Critiche verso il G20 Il lìder maximo non ha dimenticato di fare una riflessione critica sul vertice del G20 in corso a Washington: "Nessuno dei partecipanti alla riunione, convocata precipitosamente dall’attuale presidente degli Stati Uniti, ha speso mezza parola sull’assenza di oltre 150 Paesi con problemi uguali
o peggiori". Tra gli assenti, sottolinea Castro, "la maggior parte dei paesi dell’America Latina, dei Caraibi, di Africa, Asia e Oceania" che "non avranno diritto di decidere nulla sull’ordine finanziario internazionale".
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