Catia, la scienziata manager che ha inventato il bio-sacchetto

Da Novara al successo mondiale: investe il 10 per cento dei ricavi in ricerca e continua ad assumere. Nonostante la crisi la "sua" Novamont fattura 67 milioni di euro

Catia, la scienziata manager  
che ha inventato il bio-sacchetto

Novara - Se fosse nata all'estero sarebbe conosciuta da tutti, ma è nata a Terni e in Italia pochi sanno chi sia. Eppure meriterebbe molta considerazione, perché è una ricercatrice chimica pluripremiata a livello internazionale e da molti considerata un'autentica innovatrice del nostro tempo.

Si chiama Catia Bastioli. È minuta, ha i capelli neri, come i suoi occhi, vivacissimi, e quando la incontri, rimani impressionato dalla sua energia, tutta fosforo e nervi, più manager che da scienziato. E infatti la Bastioli guida la Novamont, una società che dà lavoro 170 persone, ha un fatturato diretto di 67 milioni di euro e indotto di 400 milioni e va bene in tempi di crisi.

Chi la conosce bene, la descrive come una visionaria, che di notte immagina un nuovo mondo e di giorno si dà da fare per costruirlo. È la pioniera delle bioplastiche di origine agricola, ma detesta l'uso dilagante del prefisso bio, troppo di moda e sovente abusato a fini di marketing o per indorare l'immagine di aziende in realtà inquinanti. «I soliti furbi», sbotta ricevendomi nella sala riunioni della Novamont, alla periferia di Novara. Vuole dimostrare che è possibile contribuire alla creazione di un mondo più pulito, senza rinnegare l'economia di mercato né rinunciare allo stile di vita moderno.

Nel 2007 la Commissione europea l'ha premiata come Inventrice dell'anno, per i sacchetti di origine vegetale Mater-Bi, che assomigliano a quelli di plastica. Con una differenza: quelli tradizionali impiegano da 100 a 400 anni per decomporsi e se vengono bruciati inquinano, i suoi, una volta usati, si dissolvono nella natura in poche settimane. «Il mio scopo non è solo di fabbricare e vendere un bene - spiega - bensì di promuovere un nuovo modello di produzione e riciclaggio fortemente integrato nella regione in cui si vive». Nell'era della globalizzazione, la Bastioli è convinta che «la prossimità sia una risorsa e che sia possibile creare filiere tra agricoltura e industria». Parla di «prodotti che nascono dalla terra e che alla terra ritornano, con il contributo di una chimica pulita».

Utopia? Tutt'altro. Proprio a Novara ha dimostrato che è possibile realizzare un’economia di sistema innovativa ed efficiente. La città qualche anno fa produceva 40mila tonnellate di rifiuti l'anno, oggi solo 14mila, peraltro facilmente smaltibili. Un miracolo reso possibile dalle bioraffinerie e dal metodo Pneo per la raccolta del rifiuto alimentare, che con bidoni aperti e sacchetti traspiranti rallenta i processi fermentativi, riduce la condensa e dunque il peso di ben il 50%, nonché gli odori, i virus e i batteri. «Lo sa che quasi il 40% dei rifiuti prodotti da una famiglia è organico e che il metano in discarica produce un effetto 21 volte maggiore della CO2?». No, non lo sapevo. Ma affrontato nel modo dovuto, un problema diventa una risorsa. E nel mondo ben 4mila Comuni, tra cui San Francisco, hanno adottato il metodo ideato dalla Bastioli e dai suoi ricercatori.
Quando le chiedi se intende quotare in Borsa la Novamont, si ritrae inorridita. «Ci abbiamo pensato qualche anno fa, ma abbiamo rinunciato, perché la logica del risultato trimestrale avrebbe inibito la nostra risorsa principale ovvero gli investimenti nella ricerca, che assorbono il 10% del fatturato e a cui si dedica il 30% del personale», dice camminando energicamente tra i laboratori della Novamont. Dà del tu a tutti e viene salutata dai suoi collaboratori non con riverenza, ma con la cordialità riservata a una collega di microscopio.

Anche la genesi della società è anomala. Nell'89 Catia Bastioli, allora giovanissima ricercatrice, era responsabile in Montedison-Ferruzzi di un progetto strategico per l'applicazione chimica a materie prime con basso impatto inquinante. Quando la Montedison andò in crisi, lei convinse la Comit a non chiudere quel centro di ricerca, nonostante nel '95 fatturasse appena due milioni di euro. Oggi la Novamont è posseduta da Banca Intesa e Investitori Associati, ma lo spirito non è cambiato. E i risultati sono arrivati, con il deposito di mille brevetti internazionali e la creazione di prodotti sempre più innovativi come gli additivi Origo-Bi per pneumatici, i teli agricoli per pacciamatura, i bastoncini cotonati, i guanti, i piatti, i bicchieri usa e getta, tutti biodegradabili. Banca e industria sono andate per una volta felicemente a braccetto.

E la recessione? Non ha inciso negativamente.

Anzi, il petrolio alle stelle genera interesse per chi propone concrete soluzioni alternative. In questo terribile 2009 la Novamont non ha mandato nessuno in cassa integrazione, anzi ha assunto personale e ha continuato a svilupparsi. Nel segno di Catia, naturalmente.
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