Il cattivo gusto spacciato per arte

Excusatio non petita, accusatio manifesta. «Non è un’offesa», attacca la nota che presenta l’opera esposta da ieri all’11 settembre alla Gelleria d’arte della Famiglia Margini (via Sciesa 9, zona piazza V Giornate). Chissà perchè, allora, quell’affannarsi a precisare che l’installazione intitolata «La Moratti è morta», di Alessandro Acerra, non intende denigrare il sindaco. Non ne abbia male insomma se l’artista l’ha rappresentata con mezzo busto rovesciato in un secchio della pattumiera, le scarpe con il tacco che spuntano dal bidone. In nome dell’arte tutto è lecito? Il limite del buon gusto ha orizzonti sconfinati? L’opera di Acerra, spiega la curatrice della mostra collettiva «Freiheit», Paola Fiorido, «non è un’offesa al sindaco, ma è il modo scelto dall’arte per parlare dei problemi di chi fa cultura in questa città, dalle mostre censurate alla scomparsa del mecenatismo». Un’opera dunque «realizzata non per offendere la persona la persona, ma per far pensare e parlare in positivo di un possibile nuovo Rinascimento artistico». A gennaio per un’installazione simile fuori dall’Arte Fiera di Bologna, «Il mecenate è morto», alcune persone avevano addirittura chiamato il 113, spaventate per quel corpo infilato nel bidone. La Fiorido ammette che tutti i lavori di «Freiheit» sono «fortemente censurabili».


Ma la Famiglia Margini si dichiara coraggiosamente «incurante delle denunce, scomuniche e censure di ogni tipo» e accoglie oltre ad Acerra una rosa di 50 artisti italiani «che hanno oltrepassato le convenzioni del senso etico comune». Qualche volta, è sinonimo di cattivo gusto.

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