Il Cav ai suoi: solo fango Si sbagliano di grosso se credono di fermarmi

Roma«Fango, soltanto fango. Ma se credono di abbattermi così si sbagliano di grosso. Vado avanti fino alla fine, io. Altrimenti c’è solo il voto. Deciderò con Umberto». Questo il senso del pensiero berlusconiano, intenzionato a non chinare la testa di fronte all’ultimo assalto giudiziario, considerato un vero e proprio tentato golpe. Il Cavaliere è consapevole che l’impatto mediatico dell’affaire Ruby sarà pesante e sproporzionato ma non intende cedere a quella che reputa una vera e propria aggressione dei magistrati politicizzati. Ai quali risponderà dopo un summit previsto per questa sera alle 19 con tutti i deputati avvocati del Pdl.
Inoltre il Cavaliere scaccia qualsiasi ipotesi di un passo indietro, seppur nelle ultime ore ventilata anche da qualche esponente della maggioranza, e giura di volere, ma soprattutto di essere in grado di andare avanti a governare. Fino alla fine della legislatura soprattutto grazie a due fattori: il patto di ferro con la Lega e il consolidamento della «terza gamba» con la nascita del nuovo gruppo dei responsabili, prevista tra un paio di giorni alla Camera. Se qualcosa dovesse andare storto, tutti pronti per le elezioni anticipate. Un’opzione, questa, che anche il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto mette in conto: «Con Bossi valuteremo se ci sono le condizioni per lo sviluppo dell’attività di governo, cosa che auspichiamo, oppure se ci dovrà essere un ricorso alle urne, anche per tutelare la libertà di questo paese. Con Bossi andremo avanti o con il governo o per le elezioni».
Nel giorno in cui il fascicolo di 389 pagine con la richiesta di autorizzazione a procedere del tribunale di Milano piomba a Montecitorio, il premier si tiene informato sull’ingarbugliata situazione politica in Tunisia, parla con molti capi di Stato, poi vola Milano per una cena assieme agli imprenditori a villa Gernetto di Lesmo, ma soprattutto bolla l’inchiesta della procura di Milano come «allucinante». Specie se si considera il dispiegamento di forze messe in campo dai giudici per «incastrarmi. Una cosa da vero Stato di polizia». Si sfoga con i suoi: mi hanno trattato come se fossi il peggiore dei criminali, assurdo. Sintetizza il pensiero berlusconiano il Guardasigilli Angelino Alfano: «Tecnicamente, al presidente del Consiglio è stato inviato un invito a comparire e di questo se ne occuperà insieme ai suoi avvocati. Politicamente, le opposizioni hanno considerato l’invito a comparire come un invito a scomparire».
Ma il Cavaliere sa che questi saranno giorni duri, con un’opinione pubblica bombardata dalle indiscrezioni sul Rubygate. Per il Cavaliere «molto rumore per nulla», ma il rumore ci sarà. Non sufficiente a piegarlo. Anche l’ipotesi di un possibile passo indietro viene cancellata da Berlusconi secondo cui sarebbe cedere a un vero e proprio colpo di Stato politico-giudiziario. Per cui avanti, senza cedere un millimetro, con una preoccupazione in più: le ripercussioni sul piano internazionale. Il presidente del Consiglio, infatti, sa bene che sulla stampa internazionale, avvezza al copia-incolla della stampa nostrana, l’affaire Ruby avrà una vasta eco. Il risultato sarà un’ulteriore crepa all’immagine del Paese intero.
Ma il Cavaliere - rivela chi ha avuto modo di sentirlo - è determinatissimo e intenzionato a dare battaglia come soltanto lui sa fare quando si trova apparentemente con le spalle al muro. Non solo: la tentazione del premier sarebbe quella di mettere in cima all’agenda politica la riforma della giustizia. Ma sia i pidiellini più diplomatici, sia gli alleati leghisti lo hanno di fatto dissuaso, consigliandogli la massima cautela: «Sarebbe come dichiarare guerra aperta alla magistratura - lo hanno frenato - meglio abbassare i toni». Proprio dal Carroccio Berlusconi riceve invece grosse soddisfazioni: il patto con Bossi infatti regge anche l’urto dell’ultima bomba mediatica. Anche perché alla Lega interessa soprattutto la politica ed è maggiormente preoccupata al cammino del federalismo piuttosto che alla campagna gossippara. Ambienti leghisti, infatti, guardano più che altro a cosa potrà accadere in commissione Bicamerale, dove giacciono i decreti delegati sul federalismo. La data clou è fine mese, periodo in cui l’organismo parlamentare dovrà per forza esprime un parere sulla riforma delle riforme. Ma anche su questo versante il premier ostenta ottimismo.

Le notizie di un possibile rallentamento sulla costituzione di un nuovo gruppo parlamentare vengono infatti smentite dai principali artefici dell’operazione «terza gamba». E sembrano essersi sciolti pure i nodi relativi ai ruoli interni al gruppo.

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