Il Cavaliere: è caccia all’uomo, ma ora penso solo al Paese

Berlusconi: "Di tutto questo non parlerò più, voglio concentrarmi sul governo". Lo sfogo coi suoi: "Il caso D’Addario non sta in piedi, non mi metteranno sotto"

Il Cavaliere: è caccia all’uomo, ma ora penso solo al Paese

Roma Lo ha detto mercoledì sera durante il minivertice notturno a Palazzo Grazioli e lo ha ripetuto ieri, sempre in privato, ad alcuni collaboratori: «La caccia all’uomo non si fermerà qui». Perché, è la convinzione di Silvio Berlusconi, l’inchiesta di Bari e le rivelazioni di Patrizia D’Addario altro non sono che l’ennesimo tassello di quello che anche pubblicamente non esita a definire un «progetto eversivo contro il presidente del Consiglio». E via, sempre nella riunione serale al Plebiscito, a sciorinare la lunga sequenza di «assalti», iniziati con il j’accuse di Veronica Lario e seguiti a ruota dalla querelle sulle veline in lista, le motivazioni della sentenza Mills, le foto a Villa Certosa e la polemica sui voli di Stato. «Nient’altro che spazzatura», ripete Berlusconi.
E proprio perché convinto che la «campagna mediatico-giudiziaria» andrà avanti, il Cavaliere ha deciso di tenersene il più possibile alla larga, consapevole che ogni sua dichiarazione in questo senso non farebbe che da megafono a inchieste e gossip. «Di tutto questo non parlerò più, voglio concentrarmi solo sul lavoro», dice deciso. E nella sua trasferta a Bruxelles tiene fede all’impegno, partecipando al Consiglio europeo e alla riunione del Ppe senza alcun accenno ai fatti di casa nostra. E dedicandosi non solo a sponsorizzare la candidatura di Mario Mauro alla presidenza del’Europarlamento ma anche l’ingresso della Turchia nell’Ue, rilanciando un contingentamento delle quote d’ingresso di cittadini turchi nell’Unione per cercare di superare le resistenze di Germania e Francia. A rintuzzare quello che a via dell’Umiltà chiamano «l’assedio» ci pensano dunque i vertici del Pdl, con un fuoco di fila che mette insieme ministri, sottosegretari e capigruppo. Una scelta strategica consapevole perché, è il ragionamento che si è fatto mercoledì notte a Palazzo Grazioli, «deve essere il partito a prendere in massa le difese del premier». Non è un caso che proprio mercoledì pomeriggio l’ufficio di presidenza del Pdl abbia «espresso all’unanimità totale vicinanza e solidarietà a Berlusconi».
Ma se in pubblico sceglie la via del silenzio, in privato Berlusconi non può non occuparsi della vicenda. E con i suoi interlocutori - chi incontra di persona a Roma e Bruxelles e chi sente al telefono - ribadisce di non aver alcuna intenzione di mollare. «La stabilità del governo non è in discussione», spiega di prima mattina a Palazzo Chigi lasciando la riunione tra l’esecutivo e la Fiat. E ancora sulle voci di possibili governissimi: «Non date retta ai rumors su Tremonti e Draghi, con loro c’è piena sintonia». Insomma, ripete nel corso della giornata, «non mi farò mettere sotto, se ne dovranno fare una ragione». Eppoi la vicenda D’Addario «non sta in piedi». Anche perché, racconta un parlamentare vicino al Cavaliere, Gianpaolo Tarantini (quello che avrebbe pagato la D’Addario) è «tutto fuorché un amico di vecchia data del presidente». Anzi, i due si conoscerebbero dall’agosto di quest’anno e sarebbe stato l’imprenditore barese - frequentatore di Porto Rotondo - a «bussare» più volte a casa del Cavaliere tramite amici comuni (una volta presentandosi in compagnia di Manuela Arcuri). E anche per quel che riguarda le fotografie pubblicate da L’Espresso, il premier ostenta sicurezza. Perché - racconta chi era a Villa Certosa lo scorso Ferragosto - se sul Magnum che attracca al molo ci sono sei ragazze, «altrettanti uomini erano in villa a giocare a calcetto». Nel giorno, tra l’altro, in cui alla Certosa era sbarcato Roman Abramovich per concludere con il Cavaliere la trattativa su Shevchenko. E in cui a Porto Rotondo c’erano anche i familiari del premier.
A Palazzo Chigi, dunque, la convinzione è che si andrà avanti su questo canovaccio almeno fino al G8 dell’Aquila, ma più probabilmente anche più avanti, con la decisione della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano a settembre e poi la tornata amministrativa del 2010 quando si rinnoveranno molti Consigli regionali. Ci sta, dunque, che siano stati in molti nel Pdl a non gradire la sortita di Gianfranco Fini.

Che cita Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati per spiegare la tendenza della politica italiana a «paventare l’aggressione di chissà quale nemico, interno o esterno». Parole che secondo alcuni farebbero da controcanto a quel «progetto eversivo» di cui parla Berlusconi.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica