Cavendish, il nuovo che pedala alla faccia dei soliti nostalgici

Diario del Giro. Il 23enne fenomeno inglese è la prima maglia rosa. Ma la grancassa della corsa suona sempre al passato

Cavendish, il nuovo che pedala 
alla faccia dei soliti nostalgici

nostro inviato a Venezia

Caro diario, è solo il primo giorno ma ho già un sacco di cose da appuntarmi. Lascia innanzi tutto che ti esprima la mia esultanza per la prima maglia rosa: è l'inglese Marc Cavendish, estroso contadino dell'Isola di Man, soprannominato Cannonball per come arriva sparato negli sprint, recente vincitore della Sanremo, ma soprattutto giovane, giovanissimo, quasi un bimbo prodigio. Non ha ancora ventitré anni. La sua vittoria, grazie alla prova compatta della squadra nel cronoprologo, mi consente di tirare un enorme sospiro di sollievo e di liberazione, come mi concedesse un salutare tuffo nel futuro. Ne avevo un gran bisogno, perché qui attorno la mestizia è tanta. Prende alla gola e stringe lo stomaco. Già l'ambientazione del Lido, con il continuo richiamo a pincipi e regine che ci svernavano ad inizio Novecento, precipita nella nostalgia più nebbiosa. Ma a rendere il tutto ancora più triste e più malinconico è questa grancassa retorica e mielosa che attanaglia il ciclismo, come fosse sempre materia archeologica.
So benissimo che questo sport ha scritto pagine gloriose e indimenticabili. So benissimo che la memoria è molto importante in qualunque settore della vita. Ma c'è un limite. Con il ciclismo, sembriamo tutti fermi al 1960. Vespa s'inventa un Porta a porta sul Giro e il massimo della modernità sono le gag Saronni-Moser. I giornali schierano le firme migliori e loro subito aprono il sarcofago dei ricordi giovanili, quando Coppi e Bartali si scambiavano la borraccia, quando Bartali salvò l'Italia dalla rivoluzione, avventurandosi verso il contemporaneo con Pambianco e Zandegù. Non parliamo dei servizi Rai: dovrebbero essere i più interessati a valorizzare il prodotto d'oggi, invece continuano imperterriti a ripresentare il bianco e nero dell'Istituto Luce. Si sente dire in Giro che del presente è meglio non parlare, perché è fatto - anzi strafatto - solo di doping. Ma è una scusa. Si sono sempre crogiolati nelle memorie anche prima degli scandali doping: Coppi e Bartali, quella volta di Binda, quant'era romantico Malabrocca. Al diavolo. Andiamo sempre in Giro con due dita di muffa addosso, questo il nostro problema. Andiamo sempre in Giro girati all'indietro. E la cosa più sconvolgente è che persino i giovani si compiacciono dello sport in versione seppiata. Non se ne può più. Sarebbe ora di aprirci qualche volta al domani: così, per sentirci vivi e vegeti, non delle mummie semoventi. Allora benvenuto Cavendish. Il nuovo che avanza. Anche se qui già specificano che è il nuovo Poblet.
COMPAGNIA DI GIRO
Caro diario, tanto per dire le rivoluzionarie novità: la Rai è qui con 180 persone. Un reggimento. Come sempre, non potendo puntare sulla qualità, punta sulla quantità. Mi chiedo quanti ne manderanno il giorno in cui dovranno raccontare il giudizio universale. Questa volta, temendo forse di essere un po' sotto organico, oltre alla solita compagnia di Giro che ben conosciamo, hanno aggiunto un commentatore tecnico, l'ex iridato e olimpionico Paolo Bettini (voto all'esordio, per la disinvoltura, un buon 7). In generale, siamo comunque subito nel solco della tradizione: grandi immagini, piccoli commentatori. Bulbarelli è sempre più compiaciuto nel suo sogno segreto di diventare il nuovo Alberto Manzi: al Lido, ci tiene a informarci, che nel Tempio Votivo riposa Nazario Sauro. Tutto sommato, sempre per la serie «il nuovo che avanza», l'unica concessione alla modernità resta il geniale sondaggio intitolato «Chi vincerà il Giro?». Gli italiani sono attesi al televoto. Già che ci sono, sarebbe ora di stimolarli anche su un altro sondaggione. Una volta per tutte, si schierino sull'eterno dilemma: «Ma Bulbarelli ci è o ci fa?».


VIP (Very Imbucated Person)
Sul palco della diretta, nel dubbio che la coppia Bulbarelli-Cassani non riesca più a tenere i novanta minuti, si rivede per l'occasione Ferruccio Gard, uno degli epici volti del memorabile 90° Minuto di Paolo Valenti. Caro diario, scusa se non posso aggiungere altro. Sinceramente non ho compreso se l'abbiano messo lì come consulente tecnico o come coetaneo di Nazario Sauro.

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