La Cdl «demolisce» il museo al Leoncavallo

«Se dice queste cose, Vittorio Sgarbi non è più un assessore della Casa delle libertà. Né tantomeno un rappresentante della giunta Moratti». In attesa di entrare nei libri di storia dell’arte, i graffiti del Leoncavallo diventano un caso politico. Con l’intero centrodestra che si avventa contro il critico e la sinistra in brodo di giuggiole. A suonar la carica il capogruppo leghista Matteo Salvini. «Sgarbi - le sue parole - continua a insultare quei milanesi che rispettano la legalità. Prima di dire certe cose vada a parlare con gli abitanti della zona che gli racconteranno le imprese dei bravi ragazzi del Leonka. I graffiti sono opere d’arte? Allora il Comune li compri, li stacchi e li esponga dove meglio crede. E Sgarbi faccia l’assessore della sinistra in Provincia. Sempre se Penati lo vuole».
Respinte al mittente, dunque, le proposte di Sgarbi che chiede alla Soprintendenza di vincolare i muri dipinti o di fare del famigerato centro sociale tanto caro alla Milano radical chic «un museo a cielo aperto». Oppure di presentare in pompa magna, magari nella Giornata del contemporaneo il prossimo 14 ottobre, un catalogo dei graffiti con testi critici di Atomo Tinelli, storico graffitaro e già consigliere duro e puro di Rifondazione comunista a Palazzo Marino. «Non entro nel merito delle valutazioni artistiche di Sgarbi che è competente in materia - commenta diplomatico Maurizio Cadeo (An) l’assessore all’Arredo e al decoro urbano -. D’accordo con lui sul dare spazi ai writer perché questo ha un valore educativo ed è di esempio per chi invece scarabocchia sui muri delle case. Per il Leoncavallo, invece, non condivido perché il codice tutela la proprietà privata». La prende con ironia il collega di giunta Giovanni Terzi (Fi). «Da Sgarbi - sorride - c’è sempre da imparare. Ma a propositio di Cappella Sistina, non mi risulta che Michelangelo avesse l’abitudine di andare in giro a scarabocchiare per la città». «In questa vicenda - gli fa eco il capogruppo di An Carlo Fidanza -, se c’è una cappella non è la Sistina, ma è quella che ha fatto Sgarbi. Di fronte a un’illegalità che si perpetra da decenni non ci può essere legittimazione, né artistica né tantomeno politica. Saremo disposti a prendere in considerazione la bellezza dei graffiti del Leonka soltanto il giorno in cui pagheranno un regolare canone d’affitto, saranno in regola con le licenze commerciali e con le norme di sicurezza, ripudieranno per sempre la violenza politica. Sta a loro sanare la ferita con la città, non il contrario. Ma quel giorno pare molto lontano».
Soddisfatto, invece, Daniele Farina, parlamentare e storico portavoce del centro che ieri ha accompagnato Sgarbi nel tour di via Watteau. «La visita dell’assessore - spiega - è un segnale positivo nella direzione di una ricerca di una soluzione condivisa. Ci sembra di registrare un cambiamento, almeno di una parte di questa amministrazione, rispetto alle precedenti giunte di centrodestra». La visita di Sgarbi «rappresenta la presa d’atto del ruolo e della funzione che i centri sociali hanno svolto a Milano, spesso in supplenza di quanto omesso dalle amministrazioni che si sono succedute». Pronto anche l’intervento dello stesso Leoncavallo. «Contiamo che quello di oggi non resti un episodio isolato», un segno dell’intenzione di sottrarre lo spazio dalle scadenze di sgombero per «consegnare definitivamente l’area di via Watteau a quegli usi sociali e collettivi cui le culture popolari, underground, dal basso e le lotte di molti l’hanno destinata».

Sulla stessa linea Pierfrancesco Majorino, segretario cittadino dei Ds che si augura che episodi come questo «possano contribuire a risolvere, una volta per tutte e in modo positivo, la vicenda dello storico centro sociale».

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