Cronaca locale

La Cdl: «Si adeguino alla nostra cultura»

Maiolo (Fi) lancia un appello: «Subito lo sgombero dell’occupazione abusiva dei marciapiedi davanti al centro»

«Per le leggi italiane, la scuola di via Quaranta non è una scuola. È chiusa perché illegale, non riconosciuta dai nostri ordinamenti legislativi». Puntualizzazione dell’assessore comunale all’Educazione Bruno Simini che, dopo l’ennesima provocazione delle famiglie islamiche che ieri mattina hanno protestato contro la chiusura della scuola di via Quaranta dando lezioni di arabo ai figli sul marciapiede, non intende tollerare oltre tale atteggiamento. «Si continua a chiamare scuola - precisa Simini - una scuola che non è mai esistita e si continua ad accusare il Comune di averla chiusa a pochi giorni dall’avvio delle lezioni, quando già nel mese scorso è stata comunicata ai genitori l’inagibilità della struttura. Ora spero che non tutte le famiglie si ostinino nel chiedere la legittimità di qualcosa che non è legittimabile, e non per la cattiva volontà di qualcuno ma per il rispetto delle regole». E reazioni dure arrivano da gran parte degli esponenti della Cdl. L’assessore milanese ai Servizi sociali, Tiziana Maiolo, rivolge un appello al prefetto «perché sgomberi l’occupazione abusiva dei marciapiedi di via Quaranta. Credo che le istituzioni abbiano fatto di tutto per venire incontro alle richieste illegittime delle famiglie islamiche, e che ora il problema, visto che si continua a non accettare le leggi italiane, sia solo di ordine pubblico». Maiolo sostiene che «il termine ultimo per il dialogo sta scadendo e anche la pazienza dei milanesi».
Anche per l’assessore leghista della Regione, Davide Boni, a questo punto è «necessario l’intervento delle forze dell’ordine, per identificare i genitori dei bambini presenti in via Quaranta perché il tribunale dei Minori possa procedere contro di loro». Genitori che Boni definisce «incoscienti», perché «stanno usando i loro bambini per raggiungere scopi ed obiettivi esclusivamente di loro interesse e al di fuori delle regole e delle leggi». Il consigliere comunale di Alleanza Nazionale Carla De Albertis non fa sconti: «Vadano in Egitto - dichiara -. Non c’è desiderio di integrazione ma solo sfida, ricatto, pretese e volontà di imporre i loro desiderata». Nessuna concessione, dunque: «Se non amano l’Italia - afferma De Albertis -, la nostra cultura, la nostra civiltà, i nostri valori, mandino i figli in Egitto. Ed eventualmente ci tornino anche loro».
Opinione secca, condivisa anche da capogruppo di An in Regione, Roberto Alboni: «Se vogliono che i loro figli studino l’arabo, li mandino in Egitto. Qui siamo in Italia e nel nostro Paese il primo ed unico insegnamento deve essere italiano. Quello che sta accadendo conferma, purtroppo, quando andiamo dicendo da tempo: non siamo noi quelli chiusi, che non vogliono dialogo né integrazione. Il Comune e la prefettura stanno dimostrando tutta la loro disponibilità per trovare una soluzione adeguata, una forma che permetta ai ragazzi di studiare i regolari programmi della scuola italiana e, nel contempo, coltivare la cultura e la religione musulmana». I genitori, invece, «si ostinano a volere una scuola tutta per loro - prosegue Alboni -, chiusa in sé stessa, chiusa a qualsiasi possibilità di integrazione e, tra l'altro, illegale. È evidente che a queste persone sfugge un particolare: che sono ospiti in un Paese straniero in cui si parla italiano e in cui la religione è cattolica. Sono loro che si devono adeguare alla nostra cultura, non il contrario». L’arabo «possono studiarselo a casa o coltivarlo nelle loro comunità, così come la religione islamica. Altrimenti, tornino in Egitto a prendere i titoli di studio del loro Paese e provino poi a farli valere in Europa».
Difensore ad oltranza delle famiglie islamiche, il consigliere comunale del Prc Daniele Farina, che critica le reazioni negative dei politici sulla vicenda: «È un tentativo palese di alimentare le tensioni piuttosto che trovare vie percorribili di soluzione - sostiene - piacerebbe pensare che solo l’ingestione di acqua del Po inquinata o i sondaggi elettorali sfavorevoli siano tra le cause del profluvio di dichiarazioni di esponenti del centrodestra a fronte del presidio organizzato da genitori e dai loro figli in via Quaranta. Poco credibili difensori dei diritti dei minori chiamano in causa il Tribunale dei minori per una manifestazione pubblica, mentre cercano di negare ad ogni bilancio comunale anche gli obblighi finanziari previsti dalla legge».
Il dibattito, sottolinea invece l’assessore provinciale all’Istruzione Giansandro Barzaghi, «ha proposto due modelli che vanno entrambi rifiutati: uno è quello della destra che propone un'assimilazione nei valori della cultura occidentale, l’altro è quello di comunità chiuse al loro interno, proiettate unicamente verso i loro valori e le loro tradizioni. Modelli che esasperano le divisioni». Occorre, sostiene, «che la politica faccia uno scarto e si collochi sul terreno dell’interculturalità.

Non basta dire solo scuola statale, bisogna anche esplicitare che tipo di integrazione deve essere perseguita in essa, ad esempio attivazione di corsi di lingua araba o presenza di facilitatori di apprendimento, che invece vengono negati».

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