Celio, sottratto uno stemma papale dalla Navicella

Rubato lo scudo di legno con stemma papale dalla sacrestia della chiesa di Santa Maria in Domnica alla Navicella, al Celio. Il colpo, forse un furto su commissione, è avvenuto con tutta probabilità nella giornata di mercoledì. Il parroco, padre Sergio, si è accorto della sparizione, però, solo nella tarda serata e la denuncia ai carabinieri della compagnia di piazza Dante è stata formalizzata nella mattinata di giovedì.
Lo scudo, di sessanta centimetri per trentasette di dimensione, rientra nelle opere d’arte catalogate nel patrimonio artistico italiano, è di autore sconosciuto e risale al XVIII secolo, all’anno 1752 circa. «Non ha un valore materiale pazzesco - sottolinea il tenente Gabriele Papa - ma fa parte delle opere che vanno custodite e tutelate. Stiamo seguendo ogni pista, da quella del piccolo ricettatore alle bande specializzate».
Nella chiesa da alcune settimane sono in corso dei lavori di restauro interni. Difficile controllare l’andirivieni tra operai, visitatori e turisti. Non solo. Proprio per dare modo di portare a termine la messa a norma di impianti elettrici e impalcature, più volte è stato reso necessario disattivare il sistema di videosorveglianza interna. Circuito che anche nella giornata di mercoledì non era in funzione. Un gioco da ragazzi, dunque, per chi ha voluto mettere a segno il colpo, agire indisturbato. «Abbiamo mille attività da seguire - spiegano i religiosi a Santa Maria in Domnica - non possiamo fare da guardiani».
I furti di opere più o meno preziose nelle chiese di Roma centro e in quelle di periferia, nelle campagne attorno alla Capitale. Sono all’ordine del giorno. Se al Celio è ancora aperta la ferita del danneggiamento della fontana della Navicella, proprio nel piazzale di fronte all’ingresso principale della chiesa, a cui nel settembre 2005 ignoti ruppero la prua, i carabinieri della Tutela al Patrimonio Artistico di piazza Sant’Ignazio non fanno che aggiungere «pezzi» alla lunga lista delle opere scomparse. Spiega il generale Ugo Zottin: «Spesso abbiamo a anche fare con specialisti del settore, ma anche con individui isolati. Tutti, però, sono collegati a una rete di ricettatori di primo o di secondo livello. Di primo livello quando i “pezzi” vengono ceduti ad amatori o privati di piccolo calibro; di secondo livello quando attraverso canali ben precisi riescono a prendere anche la strada dell’estero. Molto dipende dal tipo di oggetto, dal mercato e dalla richiesta».
Famosa la banda del Celio, che un anno fa si rese famosa per un colpo incredibile.

Da Villa Celimontana fu asportata la testa della statua del Fiume con un taglio chirurgico effettuato a cinque metri d’altezza. La gang venne individuata dai carabinieri e la testa recuperata a Furbara (nei pressi di Cerveteri) l’estate scorsa.

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