Economia

«Cellulari, va ridotto il costo delle ricariche»

Chiesto un intervento a favore delle fasce deboli

da Milano

L’anomalia tutta italiana del contributo di ricarica dei telefoni cellulari ha i giorni contati. Le conclusioni cui è giunto il tandem composto dall’Autorità Antitrust e dall'Autorità per le Comunicazioni, che lo scorso 15 novembre ha chiuso l’indagine, lasciano pochi spazi di manovra ai gestori. Pur non chiedendo in modo esplicito l’eliminazione del balzello, le Autorità chiedono «una revisione, anche totale, del contributo fisso» di ricarica in modo da rendere l’offerta più trasparente.
Per i consumatori italiani, da sempre veri e propri fan della formula ricaricabile (circa il 90% degli utenti la utilizza), è una vittoria destinata a garantire telefonate meno care. Per le aziende di telefonia mobile, l’invito di Antitrust e AgCom si tradurrà in una netta riduzione dei ricchi introiti di cui hanno finora potuto godere grazie al particolare regime tariffario, non applicato in nessun Paese europeo. L’indagine ha dimostrato infatti che nel 2005 le ricaricabili hanno garantito incassi per oltre 1,7 miliardi di euro. Finora, le compagnie si sono giustificate facendo osservare che il servizio comporta dei costi. Un alibi che non convince del tutto: «Il contributo di ricarica non ha un diretto e trasparente rapporto con i costi sostenuti dagli operatori per la gestione dei servizi di ricarica - si legge in una nota - , ma rappresenta una componente di prezzo inserita dalle imprese nell'ambito delle loro strategie di pricing». In ogni caso, al netto delle spese, le Autorità guidate da Antonio Catricalà e Corrado Calabrò hanno stimato che nel 2005 le ricariche hanno garantito un margine di 950 milioni di euro.
L’indagine affronta inoltre anche l’aspetto forse più controverso delle ricaricabili: a parità di prezzo al minuto, l'acquisto di ricariche di piccolo taglio comporta un incremento del prezzo complessivo anche sensibilmente superiore rispetto a quello applicato per i tagli di importo maggiore. Ad esempio, su una ricarica fino a 20 euro il contributo pesa per il 48,3%, mentre crolla al 6,3% oltre i 50 euro. «Ci sono i margini per un intervento dell'Agcom per garantire tutte le fasce di clientela, specie quelle economicamente più deboli», osserva la nota.
I risultati cui sono giunte le due Autorità sembrano indicare che le misure di riduzione dei costi delle ricaricabili prese dai gestori non sono ancora considerate sufficienti.

Tim, a fronte di un costo una tantum di 5 euro, non fa più pagare commissioni sulle ricariche, Wind ha eliminato il balzello sui “pacchetti“ da 50 euro, mentre 3Italia ha creato la formula Power: non ha costi di ricarica, ma obbliga l’utente a consumare parte del traffico in servizi dal portale.

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