Celtic ultimo esame Dida rischia Inter e Milan

Ancelotti lo conferma ma un’altra papera sarebbe fatale Società al bivio: l’acquisto di Buffon o il rientro di Abbiati

Dev’esserci un contagio pericoloso dalle parti di Milanello. Perchè ieri pomeriggio, alla paperissima di Dida contro il Chievo sabato notte, hanno fatto seguito due, se non addirittura tre, clamorosi scarabocchi commessi da Facchin, veneto di origine, classe 1987, il portiere fisicamente superdotato della Primavera allenata da Filippo Galli, leader della classifica ma messa sotto nel derby con un rotondo 4 a 2 a favore dell’Inter. Eppure proprio il ragazzone - su cui Sebastiano Rossi, il suo preparatore, ha scommesso per il futuro in rossonero con Adriano Galliani - è finito, all’ultimo posto, nell’elenco compilato da Carlo Ancelotti, in modo deciso e trasparente, sulla graduatoria dei portieri. «Al primo posto c’è Dida, al secondo Kalac, al terzo Storari, al quarto Fiori e al quinto Facchin» la frase dell’allenatore scolpita in una conferenza-stampa per mettere a tacere incertezze e dubbi. Quell’elenco, così netto, è tornato improvvisamente in discussione. E non tanto perchè Dida, senza mai pronunciare una sola parola sull’argomento, ha scelto di lasciare Milano e trasferirsi a Barcellona: qui il diverso regime fiscale e il vantaggio di cambiar casacca a costo zero (è a fine contratto) gli consentiranno di guadagnare qualcosa come 4,5 milioni netti l’anno per tre stagioni. No, non è questo il punto: tutto lecito, tutto nella norma.
I problemi sono altri. E sono legati al rendimento di Dida e in particolare all’effetto del suo ennesimo sfondone nei confronti del pubblico di San Siro. Non ne possono più. Dimenticati, perchè concentrati in un periodo di due anni, due anni e mezzo, le magie ripetute e il rendimento altissimo del brasiliano, tornato ora a ondeggiare pericolosamente tra qualche buona parata e incertezze da debuttante allo sbaraglio. Ancelotti lo ha difeso, dopo il Chievo. Inevitabile. Perchè sarebbe stato grave indicarlo al pubblico ludibrio. Meno inevitabile la decisione di lasciarlo al suo posto, in porta, da titolare inamovibile, così come accadde ai tempi di Manchester 2003 e dintorni. La società è rimasta in disparte. «Sono affari di Carlo» ripetono in via Turati. È rischioso puntare su un altro cavallo mentre sono in gioco i destini della Champions, attuale e futura. Ma Dida non può pensare di godere fino al 30 giugno di una speciale immunità. Contro il Celtic, si gioca tutto. Dovesse commettere altri errori, potrebbe perdere il derby e il resto della stagione.
Nel frattempo, la questione del dopo Dida è ormai aperta. E forse è il caso di approfondirla. Il presidente Silvio Berlusconi, la notte del trofeo “Luigi Berlusconi”, chiarì il piano. «Se la Juve dovesse decidere di cedere Buffon, noi saremmo in prima fila». La Juve, dixit Cobolli Gigli, non ha alcuna intenzione di metterlo sul mercato. È il portiere campione del mondo, allora, che deve uscire allo scoperto e far conoscere al club le proprie intenzioni, come ha fatto per esempio Trezeguet, di recente, con una intervista dal sapore dolcissimo per il popolo bianconero. Le condizioni economiche della cessione sono note da tempo: Buffon fu valutato, nell’estate passata, 25 milioni di euro. Quella la cifra da mettere a bilancio per strapparlo a Torino.


Al Milan non hanno mai cambiato idea sull’argomento: c’è un solo portiere da portare a Milanello per il dopo Dida, si chiama Buffon, un fuoriclasse del ruolo, un numero uno a tutti gli effetti, uno che può accorciare la distanza nei confronti dell’Inter. O Buffon oppure una soluzione interna (Abbiati la più accreditata). Non c’è quindi una terza via, come si sente ripetere in giro (Amelia del Livorno, oppure Boruc, il polacco del Celtic).

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