Non sarà facile, per Palazzo Marino, mettere mano al risiko delle «moschee di zona». La sinistra era partita con grande (e forse inconsapevole) slancio, con l’idea del grande centro islamico. Poi la giunta ha sposato l’idea delle moschee di quartiere. Abbandonata l’illusione del «duomo dei musulmani», la nuova parola d’ordine è dare una sede a tutti i centri. Nonostante la sorprendente sortita del sindaco, che si è avventurato nell’annuncio (poi smentito) sulle «12 moschee» da «realizzare», il Comune - lo ha precisato anche dal Coordinamento delle comunità islamiche - dovrebbe avere solo il compito di accompagnare un processo di regolarizzazione. In realtà non sono molti i centri intenzionati a spostarsi, e quelli che lo sono non hanno le idee chiare sulla destinazione, o le tengono coperte. L’Ambrogino d’oro Mohamed Asfa, giordano, ha sollevato dubbi su questo schema a zone. Il coordinamento guidato da Davide Piccardo dice: «Siamo aperti e trasparenti, non abbiamo niente da nascondere, è nostro interesse che la gente ci conosca».
Viale Jenner
L’Istituto culturale di Abdel Hamid Shaari, il più discusso, è fra quelli che più spinge per una nuova sistemazione, non essendo più praticabile quella storica, sia per le lamentele dei residenti, sia per le esigenze stesse del centro. La preghiera del venerdì da 3 anni è ospitata con buoni risultati al Palasharp. Shaari ha in mente una nuova sistemazione ma non la annuncia. Potrebbe tornare d’attualità proprio l’area di Lampugnano, che anche il sindaco ha detto di gradire.
Via Padova
La Casa della Cultura islamica, attiva dal ’93 e su posizioni moderate, ha difficoltà a ospitare i suoi fedeli nella attuale sede (un capannone privato in affitto al civico 144). Li dirotta in due palestre comunali. Ma il suo spostamento è legato anche alla vertenza giudiziaria sulla palazzina di Cascina Gobba (via Padova, 366), la cui proprietà è contesa con un altro gruppo, anch’esso storicamente proveniente dalla Casa. Chi avrà ragione avrà risolto i problemi, per gli altri servirà un’altra soluzione.
Via Cassanese
È l’unica moschea esistente con minareto. Sorge in un terreno comunale proprio al confine con Segrate, ed è nata intorno a un piccolo cimitero islamico. Il leader, Abu Shwaima ha annunciato che vuole portare avanti un vecchio progetto, condiviso con la giunta Pillitteri, per un grande centro da edificare (con la stessa formula, diritto di superficie per 99 anni) in un’area demaniale in via Del Ricordo, zona Crescenzago.
Via Quaranta
In zona Corvetto-Ripamonti da una dozzina d’anni, ha la sua sede in una vecchia scuola ora privata. Vicina alle posizioni di viale Jenner, è nota per aver fondato una scuola egiziana poi trasferita altrove. Il leader, Ali Sharif fa sapere di aver dichiarato a Palazzo Marino che non ha intenzione di trasferire il centro da una sede che - secondo lui - è comoda e al centro di un quartiere popolato da un gran numero di musulmani.
Via Stadera
Anche la comunità di via Stadera non sembra intenzionata a spostarsi. «C’è un problema economico e di permessi - dice il responsabile - troppi problemi». Il centro ha sede in un capannone ex artigianale dentro un condominio con decine di famiglie e un centro evangelico. Il venerdì i fedeli si trasferiscono, per la preghiera più importante della settimana, in una palestra di via Ripamonti.
Via Meda
Frequentata e diretta da italiani, zona corso San Gottardo, si è distinta per le posizioni moderate e dialoganti. Ha un progetto pronto e votato nel 2000 dal Consiglio comunale.
Altri centri, minori, hanno attualmente sede in via Ferrante Aporti (bengalesi), viale Marche e piazza Aspromonte (turchi),via Tolstoj (sciiti), via Carnevali (senegalesi). Sarà difficile mettere tutte le tessere del mosaico a posto.
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